Correva l'anno  1952

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Eventi particolari del 1952

24 giugno 1952

L'ORRIBILE SCIAGURA DI VIA ROMA

UN’INTERA FAMIGLIA DISTRUTTA DALLE FIAMME

 

La notte del 24 corrente verso le ore 3,30 la nostra cittadina è stata svegliata dai bagliori e dai crepitio delle fiamme e da angosciose invocazioni di soccorso provenienti da una casa di via Roma che, per cause non bene accertate e precisate, era diventata preda di un incendio furioso.

Nonostante l’ora mattutina, molta gente accorse sul posto per assistere impotente ad una scena spaventosa, veramente apocalittica. La casa, fine allora tranquilla e felice di un funzionario apprezzato, stimato e benvoluto del nostro Comune, la casa di Ciccillo De Luca, era tutta un rogo spaventoso, nel quale il nostro amico implorante si di batteva in eroici per quanto inutili sforzi, per sottrarre all'orribile destino che li attendeva la moglie, due teneri figlioletti, la cognata e, se possibile, se stesso. L’incendio aveva distrutto le scale che portavano al suo appartamento al quarto piano, e che erano tutte in legno, chiudendo la famigliuola in una trappola tragica, che invano il povero Ciccillo tentava di rompere e di superare. Forse, se si fosse lasciato vincere dallo egoismo e dallo spirito di conservazione, egli sarebbe riuscito a mettersi in salvo; ma il suo animo generoso, la sua abnegazione, l’amore infinito e commovente per i suoi cari figli fecero preferire la morte, in un vano, disperato tentativo di portare soccorso agli altri. La gente impietrita dai terrore lo vide animoso e sprezzante del pericolo correre da un punto all'altro tra le fiamme nella sua casa in rovine, per trarre in salvo la sua amata compagna, le sue tenere creature. Lo vide allorquando, intrecciati due lenzuoli ed assicurati al balconcino, vi attacco e fece scivolare la cognata, che solo così poté salvarsi, sia pure con qualche frattura; lo vide, poi, ritornare nel rogo e uscirne fuori con un figlioletto fra le braccia che ripose sul davanzale del balcone, per ritornare subito tra le fiamme per toglierne l’altro bambino e la moglie. Ma questo ritorno gli fu fatale perché il tetto ormai preda delle fiamme furibonde gli crollò addosso e lo seppellì fra le urla di terrore e di raccapriccio del popolo, degli amici, di alcuni familiari che assistevano impotenti alla terrificante scena.

Le fiamme alimentate dal vento e dallo scoppio delle bombole di gas da cucina esistente nell’appartamento continuarono l’opera di distruzione ed avrebbero forse invaso tutte le case vicine se il fontaniere comunale sig. Antonio Policastri ed il suo aiutante Salvatore Santella, con una prontezza ed uno spirito di solidarietà e di attaccamento al dovere superiore ad ogni elogio non avessero saputo, pur nell’orgasmo del momento, immittere in un baleno nella conduttura la pochissima acqua disponibile e manovrando le pompe con abilità sorprendente, non fossero riusciti a ciircoscrivere l’incendio e ad evitare un disastro più grave.

I vigili urbani e carabinieri, con a capo l’attivissimo tenente cav. Placanica ed il benemerito maresciallo Savà furono instancabili e meravigliosi. Moltissimi cittadini si prodigarono con vera abnegazione e spirito di sacrificio nello spegnimento dell'incendio, che si poté domare soltanto verso le ore 9 del mattino col "soccorso Pisa" dei soliti pompieri di Cosenza e di Rossano giunti, come al solito, quando non c'era più nulla o quasi nulla da fare, forse non per loro colpa o per loro negligenza, ma per la distanza che li separa da Corigiiano e per la mancanza di comunicazione telefonica notturna. E dire che la nostra città paga un contributo antincendio di circa un milione all’anno ai pompieri di Cosenza! Non si dovrebbe avere in Corigiiano, la "cittadina più popolosa della provincia", una sezione staccata di pompieri? Sappiamo che la vecchia amministrazione aveva condotto con esito positivo la pratica relativa e che, soltanto all'ultimo momento, la cosa naufragata perché a qualcuno non sono piaciuti i locali offerti. Non si potrebbe ripigliare la pratica? Sul luogo del disastro si portò subito il nostro solerte Pretore Dott. Bruno Galietti che, oltre a prodigarsi materialmente nell’opera del soccorso, iniziò pronte indagini per stabilire eventuali responsabilità. Avvertito della sciagura, ri recò sul posto anche il sostituto Procuratore della Repubblica Dott. Zaccaria, che assunse la direzione delle indagini tuttora in corso.

II Prefetto della Provincia, Conte dott Gaetano Marfisa, non volle tenersi lontano, nel momento della sciagura, dai suoi devoti ed affezionati coriglianesi e fu tra i primi ad accorrere, accompagnato dal Questore e dal maggiore dei carabinieri, sul luogo del disastro, prodigandosi come sempre in aiuti ed in preziosi consigli.

Come abbiamo detto, le cause dell'incendio sono sconosciute: circolano molte voci, che ci lasciano perplessi. Potevano almeno salvarsi le preziose vite umane se chi ne aveva il tempo e la possibilità avesse avvertito il povero De Luca dell'immane pericolo, che incombeva sulla vita sua e dei suoi cari? La magistratura e l’Arma benemerita conducono in proposito indagini minuziose, diligenti, scrupolose e noi siamo sicuri che vaglieranno con intelligenza e scrupolosità tutti gli elementi che affioriranno dalle indagini e che ci sapranno dire la parola della verità.

Intanto, dalle macerie ancora fumanti sono stati tratti i corpi carbonizzati irriconoscibili dei quattro arsi vivi: De Luca Francesco di Salvalore di anni 36, stimato e benvoluto funziona rio del comune; la moglie Gabriele Rosetta di anni 26, insegnante, e i figli Mario e Gino, gemelli nati da pochi giorni. La signora Gabriele Ida, cognata del De Luca, era stata da costui generosamente ed eroicamente salvata, mercé i due lenzuola trasformati in corda, che, però, essendosi slegate avevano provocato la caduta e la conseguente frattura di una gamba.

I cadaveri pietosamente composti nelle bare sono stati depositati nella sala mortuaria dell’ospedale. 

Tutta la popolazione e ancora sotto impressione della sciagura. Il lutto cittadino, proclamato il giorno del disastro ed i funerali imponentissimi hanno dimostrato la solidarietà di un popolo intero in questa grave disgrazia. Non si era mai vista tanta folla, quanta se n'è vista a seguire le quattro bare delle vittime, quelle dei due bambini seguite da quelle dei genitori. Tutta Corigliano ha partecipato ai funerali; le donne che erano rimaste in casa invocavano piangenti e con gli epiteti piu più cari i nomi delle vittime, come se fossero state persone della propria famiglia. Noi di "Cor Bonum", vinti dal dolore per la grave sciagura, ricordando Ciccio De Luca, quest'uomo eroico e generoso, questo martire degli affetti familiari, espressione migliore della nostra gente, ricordando la moglie Rosetta Gabriele, donna piena di virtù ed amata da tutti, sposa e madre esemplare, ricordando Mario e Gino (e proprio per questo numero avevamo preparalo l’annunzio della loro nascita, ricordando questi due fiori strappati disgraziatamente alla vita, quando alla vita da pochi giorni avevano aperti gli occhi, ci stringiamo commossi alle famiglie Gabriele e De Luca, cosi duramente colpite dalla sorte. Dinanzi alle quattro bare non sappiamo dire parole: pieghiamo la testa e piangiamo.

Cor Bonum nn. 12-13 del 1° luglio 1952

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Due anni dopo (il 28 maggio 1954)

 

IL PROCESSO R***

Sempre dinanzi al Tribunale di Rossano, il 28 maggio si è celebrato il processo penale a carico di R*** Giuseppe e R*** R**** Maria, imputati di omicidio ed incendio colposi. I due prevenuti dovevano rispondere dei gravi fatti che, nella notte tra il 23 ed il 24 giugno 1952, avevano causato quell’immane incendio in Via Roma, nel quale aveva trovato tragica morte il povero ed indimenticabile De Luca Francesco con tutta la sua famiglia, composta dalla moglie e da due figlioletti.

Il Tribunale ha ritenuto colpevole R*** Giuseppe, e lo ha condannato a due anni di reclusione – col beneficio del condono – alle spese ed ai danni da risarcire in favore delle parti lese, mentre ha assolto la R**** per insufficienze di prove.

Hanno rappresentato la parte civile gli avvocati Luigi Graziani, Antonio Berlingieri e Mario Policastri; la difesa degli imputati è stata sostenuta dagli avvocati Luigi Gullo e Luigi Passerini.

 

Cor Bonum n. 11 del 15 giugno 1954