PREFAZIONE

 

Era il 10 aprile del 2016.   

In quel pomeriggio, bagnato dalla pioggia, nella magnifica sede della CONFCOMMERCIO, in Corigliano Calabro, Giovanni Scorzafave, circondato da tantissimi parenti, amici e colleghi, presentava il suo primo libro: Le Botteghe di una volta a Corigliano Calabro.

In quell’occasione, nel contribuire alla presentazione del libro, suggerivo all’Autore di provvedere al più presto ad integrare il suo lavoro con una successiva pubblicazione, al fine di colmare alcune lacune, che io mi permettevo di segnalare.

Giovanni mi rispondeva a caldo che il suo programma sul tema era molto vasto e che potevo stare tranquillo: i vuoti segnalati, e non soltanto quelli, sarebbero stati presto e doverosamente colmati.

E così avvenne.

Dopo meno di due anni, infatti, lo Scorzafave dava alle stampe il II Volume di Corigliano Calabro Le Botteghe di una volta e, l’anno successivo, il III Volume.

Oggi, Giovanni, ha voluto che io dessi il mio contributo anche alla nascita di questa sua nuova creatura, il IV Volume.

Giovanni mi ha voluto assegnare un ruolo che non è il mio, ma non ho potuto dire di no a un amico, a un collega, a uno scrittore coraggioso, che ha voluto cimentarsi in un mestiere che per formazione professionale non gli apparteneva: quello di storico. Ma non ho voluto dire di no soprattutto al Professore Giovanni Scorzafave, ricordando il rispetto da lui avuto nei confronti dell’Istituto da me diretto, l’Istituto Professionale “Nicholas Green” di Corigliano Calabro, da lui scelto come sede di Servizio, scelto anche dalla sua cara consorte Carolina, anche lei docente di matematica, e scelto, infine, come Istituto Superiore, dalla figlia, la carissima Sabrina, studentessa eccellente, oltre che ragazza dolce e raffinata, della quale conservo tra le mie carte  sue poesie e suoi lavori di cui mi ha voluto fare dono.

Ed eccomi qui a cercare le parole più adeguate alla presentazione del IV volume de Le Botteghe di una volta a Corigliano Calabro.

Cosa dire di questo IV volume che non sia già stato detto nelle prefazioni dei volumi precedenti?

Posso soltanto sottolineare che anche questo nuovo volume è un atto di amore da parte dell’Autore. Un atto di amore per la sua Città, un atto di amore per i vecchi mestieri e, soprattutto, un atto di amore per le persone.

Giovanni Scorzafave, guida esperta e scrupolosa, in questo libro, come negli altri, ci conduce sottobraccio per le strade di questa meravigliosa città, facendoci visitare una ad una le botteghe non citate in precedenza. L’Autore vuole riportare alla memoria di chi li aveva conosciuti tanti artigiani, vissuti in anni ormai lontani e non più tra noi, e li vuole presentare anche a coloro che non li hanno conosciuti, ma che sentono il richiamo della propria storia delle proprie radici.

Giovanni fa tutto questo riaffermando le sue grandi capacità di ricercatore attento, attingendo alle fonti ufficiali, muovendosi tra le notizie con delicatezza e con garbo e, soprattutto, con grande rispetto per le persone, rievocandone le qualità positive, il loro impegno, i loro sacrifici, e tralasciando tutto ciò che non avrebbe portato alcun contributo alla presentazione del prodotto che si era proposto di regalare al lettore.

L’Autore tratta con lo stesso rispetto tutti i personaggi descritti in questo volume, sia quelli che hanno realizzato lussuosi negozi e attrezzati laboratori, sia quelli che hanno operato in locali angusti, capaci di contenere appena se stessi e gli strumenti del mestiere.

Le persone che lo Scorzafave fa rivivere in questo suo libro sono persone capaci di sognare, di guardare al futuro, di creare una famiglia, di portare a casa il pane necessario per dar da mangiare ai propri figli.

Giovanni ha voluto rendere omaggio a queste persone ed ha aperto le porte delle botteghe, una ad una, presentandoci i titolari sul proprio posto di lavoro, mentre, lavorando, fanno scuola ai propri “discepoli” o mentre parlano di politica con i propri clienti, senza mai interrompere il proprio lavoro. Alcune delle Botteghe descritte dall’Autore, infatti, oltre che scuole di mestieri, spesso erano anche laboratori di politica e di cultura.

Man mano che si aprono le porte, sentiamo l’odore della stoffa che si trasforma in vestiti che “vestono a pennello”, l’odore del cuoio modellato da maestri calzolai o da maestri sellai, l’odore di mortadella e di salumi vari, di formaggi, di provole e provoloni, di baccalà e di “sarechi”, gustiamo a vuoto (mmacanti) il caffè, i dolci e il latte di mandorle nei bar famosi. Sentiamo l’odore delle vernici nelle botteghe degli ebanisti. Sentiamo nei negozi di ferramenta l’odore di petrolio, che serviva ad alimentare quelle vere e proprie opere d’arte che erano i lumi a petrolio, i quali, in assenza di elettricità,  venivano utilizzati per l’illuminazione delle case, per segnalare le cantine dove era iniziata la vendita del vino nuovo, per indicare qualche nido di sesso a pagamento, oppure venivano agganciati “a ra carretta” trainata dal mulo, per segnalarne la presenza di notte, quando la giornata lavorativa si misurava “i suli a suli”(dall’alba al tramonto, escluso il viaggio. Il viaggio si faceva di notte).

Lascio ai lettori il piacere di fare la conoscenza diretta di tante persone, che, in tempi difficili, hanno contribuito a rendere questa nostra Città punto di riferimento per tutti i paesi circostanti.

Sono persone speciali, delle quali Giovanni Scorzafave non ha permesso che il tempo cancellasse la memoria.

 

Buona lettura.

 

                                                            Franco Caravetta