Correva l'anno 1887

IMPORTANTE In questa pagina, oltre a qualche notizia, pubblico 10 numeri del quindicinale Il Popolano del 1887, di Francesco Dragosei. Gli altri 14 non sono facilmente leggibili. Pertanto, li metterò a disposizione di chi ne farà richiesta, affinché questi altri siano (pazientemente) trascritti. (Sarebbe molto utile, se qualche scuola di Corigliano promuovesse un progetto in merito al recupero di questi quindicinali che raccontano avvenimenti importanti della nostra Corigliano)

Il Popolano n. 4 del 15 febbraio 1887

COSE NOSTRE

Il nostro giornale ha la nobile missione di diffondere fra il popolo le buone cose, e criticare le cattive per fare amare le prime, fuggire o emendare le seconde. Questo è lo scopo, se vi sia riuscito finora ai lettori la risposta.

Premesso ciò, con piacere facciamo noto che finalmente è giunta l’Ostetrica, la quale mostra di essere una giovine istruita, che fece un corso teorico-pratico nella sala delle partorienti in Napoli, sotto la direzione del prof. Morisani. Ci riserbiamo darne più particolari informazioni non appena la vedremo agire. Per ora diciamo che abita nella casa Martire vicino la Riforma; tutte le donne che potessero averne bisogno si dirigano alla medesima, la quale ha l’obbligo di assistere gratuitamente le povere, non solo, ma far terminare il barbaro uso di martorizzare le donne che sgravano.

Se l’Amministrazione ha fatto il dover suo, del quale ce ne congratuliamo, noi abbiamo fatto anche il nostro; resta ora a saperne profittare incoraggiando una giovane che potrà  fare molto alle 400 donne che annualmente sgravano.

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Ci viene assicurato che in queste carceri mandamentali i detenuti difettano di letti, di coperte, di biancheria e di quant’altro lor viene assegnato dai Regolamenti.

Or domandiamo noi : vi sono Autorità che devono vegliare alle sorti di quei poveri disgraziati, che, sebben colpevoli, hanno pur diritto ad un equo trattamento?

Per mancanza di spazio non diciamo altro, ma promettiamo di tornare sull’argomento.

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La neve che, di questi giorni, fece tanto meravigliare gli abitanti dell’eterna Città, e che tanto eccitò la vena poetica del nostro amabile Cinidarius, visitò pure nello stesso tempo questo nostro paese e le circostanti contrade, estendendo i suoi accampamenti fin proprio alla spiaggia dell’Ionio! Fortuna che sia stata sloggiata, dopo un giorno solo di occupazione, dall’abbondante pioggia, che beneficò non solo le assetate campagne, ma sotrasse da sicura rovina i fittuari di agrumeti, che, col gelo, avrebbero perduto tutto il frutto.

Durante la nivea invasione, si dovette, e con ragione, ricorrere agli stivali; ma ora sarebbe tempo di far godere a tutti i benefici della … pioggia, per farci camminare senza inzaccherarci fino alle ginocchia.

Sembra però che l’appaltatore non voglia far nulla di straordinario, e si va a casaccio. È vero che vi furono le nuove costruzioni stradali, e che vi sono ancora i lavori della conduttura; ma dove questi benedetti lavori son terminati, crediamo si possa pensare alla nettezza delle vie.

Lo speriamo

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A proposito di lavori ricordiamo all’onorevole Amministrazione che dopo aver fatto tanto nel vico Pirainello, si sono lasciati scontenti gli abitanti di quell’estremo lembo per altri due o tre metri di muro in un punto necessariamente per evitare che qualche bambino od ubriaco si precipiti nel sottoposto giardino Spezzano.

Si fece sperare che si sarebbe provveduto, ma non si è fatto.

Eguaglianza di trattamento, e nient’altro

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Da più giorni vi è penuria di acqua nei pubblici canali. Sarà effetto dei lavori di conduttura; ma con tanti nuovi canali, con tanta provvidenza di acqua che ci viene di su, e mai giusto far disperare la gente? 

Fortuna che siamo d’inverno!...  

(Il Popolano n° 4 del 15 febbraio 1887)

Il Popolano n. 8 del 15 aprile 1887

Il Popolano n. 10 del 15 maggio 1887

La festività del Santo Patrono di questa città, riuscì quest'anno brillantissima per numeroso concorso di forestieri e un dolce sorriso di cielo limpido e sereno.

Corigliano, per chi nol sappia, celebra due festività nello stesso mese in onoranza del Taumaturgo di Paola :quella del 25 suole però riuscire sempre più splendida dell'altra del 2 aprile. V'influisce forse anche la stagione un poco più tepida e costante, v’influiscono le abitudini dei cittadini e dei forestieri che si agitano, si muovono, concorrono a rendere l'una più splendida dell'altra. Eppure, poco mancò che tanta spensierata allegria venisse turbata da un popolare tumulto, se la prudenza delle Autorità locali, non l'avesse in tempo scongiurato.

Dopo che l'ottimo Prof. Francesco Porto, che dirigeva questa Banda cittadina, si determinò a rassegnare le sue dimissioni per recarsi a Mottola con migliori condizioni, buona parte dei suoi allievi pensò di ricostituire la disciolta Banda Popolare, autonoma e indipendente. Avendo però il Municipio fatto venire, dopo sei mesi, altro Maestro, si sarebbe preteso che tutti i vecchi, allievi fossero tornati nelle file municipali, venendosi ad un secondo scioglimento della Banda Popolare. Però i componenti di questa si rifiutarono, ad eccezione di qualcuno che cedette per necessità alle pressioni avute da tutte parti. Intanto senza dilungarci su di ciò, ritorniamo a bomba; poiché sento dirmi: ma che ci entra tutto questo con la festività di San Francesco? Ci entra dico io, perché l’armonia fu appunto quella che avrebbe disarmonizzato la festa. Ed ecco come.

Non potendo altrimenti abbattere la risorta Banda Popolare, i fautori della municipale cominciarono a toglierle i lucri. E prima, nel Venerdì Santo si fa uscire questa, sebbene mancante quasi del tutto di cantabile — Ma quella era funzione di passione, e si fecero patire anche le orecchie.

Per S. Francesco si fece lo stesso: la Chiesa è del municipio, quindi la musica dev'essere anche la municipale. Ma la è monca: non importa, se ne contentano i fautori, e basta — La festa è però essenzialmente popolare; il popolo vi concorre largamente con le sue offerte, il popolo pensa alle tradizionali fiaccolate, ai copiosi fuochi artificiali, quindi il popolo vuole anche la sua musica popolare, e la paga col suo danaro.

I fautori si veggono in mal'acqua: la loro non regge al confronto di quella del popolo; ed allora cosa fare? si ricorre ai soliti mezzi. Quindi Delegato, Carabinieri messi in moto: si dà loro a vedere il fantasma di un tumulto; l'ordine pubblico richiede che la Popolare non vada a suonare. — Si chiama il Capo di essa e lo si cerca intimidite,  ma egli smentisce le accuse ed assicura che l'ordine non sarà turbato.

Per questi intrighi il popolo vieppiù si entusiasma, e quando la sera del 24 la Banda Popolare esce in Piazza gli evviva, i confetti l'accolgano festosamente, ed in mezzo ad una numerosa popolazione viene accompagnata alla Chiesa del Santo.

Gli evviva del Popolo urtano però maggiormente i nervi dei contrari, che escogitano nuovi mezzi di opposizione.

Son due: chi deve, andare prima nella processione, chi dopo? —.Chiamato il Capo della Popolare dalle Autorità egli rimette loro la scelta del posto, ed allora il Sindaco, ff. Sig. Garetti stabilisce che prima vada la Municipale, poi la Popolare, l'una e l'altra innanzi i preti.

Quando sta per sfilare la processione il Capo della Municipale si rifiuta di occupare il posto stabilito dal Sindaco, quello della Popolare chiede al Delegato ed al Maresciallo dei Carabinieri l'osservanza della disposizione Sindacale, ed il popolo, che comprende prorompe in nuove evviva, e risolutamente ne 'prende le parti. Visto la ostinazione del Maestro della Municipale, Sig. Greco, l'altro, coi suoi risolve di non andare e si ritira. Ma la moltitudine freme e vuole che vadano al posto destinato. A Piazza del Popolo la processione non può andare innanzi: il Delegato ed il Maresciallo comprendono che  il torto non è del popolo, e lo accontentano,imponendo alla Banda Municipale di andare avanti,e facendo ritornare al suo posto la Popolare. Così videsi ritornare la calma, e tutto procedette nella massima tranquillità.

Dalla fedele esposizione dei fatti ognuno potrà giudicare da qual parte fosse il torto.

Basta constatare che le stesse Autorità han dimostrato di averlo ben compreso, dando una giusta soddisfazione ai reclami del pubblico. Ed è da lodarsi meritatamente tanto il contegno del Delegato di P. S. e del Maresciallo dei Carabinieri quanto quello, del Sindaco ff. Sig. Garetti, che, sappiamo, ha disapprovato la condotta del Maestro Sig. Greco.

Tutto ciò non si sarebbe verincato se le cose si fossero lasciate correre senza intrighi ed opposizioni. E noi, anche nel N° precedente abbiamo deplorato il soverchio zelo di alcuni che credono fare un bene al paese seminando zizanie e promuovendo dissidi. Tutti abbiamo dritto da esercitare e doveri da compiere, e nel loro giuto equilibrio è riposto l’ordine e la tranquillità, pubblica.

Lo si comprenda una buona volta.

(Il Popolano del 15 maggio 1887)

Il Popolano n. 13 del 30 giugno 1887

Il Popolano n. 15 del 6 agosto 1887

Il telefono in Corigliano e nella provincia nostra
Una delle più sorprendenti ed utili invenzioni di questo scorcio di secolo, è certo il telefono. Portare a distanze interminabili, per mezzo di corrente elettrica nei telegrafi, il movimento e riprodurre quindi in luoghi distanti da noi colla velocità del fulmine, per mezzo di puntini, una data figura che rappresenta le lettere dell'alfabeto, e comporre così le parole, ha del maraviglioso; ma riprodurre colla stessa velocità la voce al naturale, mettere due persone nel caso di fare un discorso a cento chilometri di distanza, come lo farebbero a naso a naso, distinguendosi, senza potersi confondere con altre, la voce di chi parla, come si fa da vicino, rasenta l'incredibile.

Il telefono ha un vantaggio poi sul telegrafo negli usi della vita pratica e nelle applicazioni sue; imperocché per usare del telegrafo, ci vuole un tirocinio discretamente lungo, e quindi non basta che uno avesse un ufficio telegrafico a sua disposizione per usarne, se non ha fatto un tirocinio di parecchi mesi e non ne ha appreso l'arte. Del telefono può usarne un savio ed un bambino, basta dirigere la voce a poca distanza al tubo della machinetta, per trasmettere la parola alla sua destinazione, basta avvicinare il corno fatale all'orecchio per ricevere la risposta col suono naturale della voce di chi vi parla.

In Italia si ha penuria di giovani, pratici a far da telegrafisti quando si vogliono impiantare uffici telegrafici nei piccoli Comuni; ma telefonisti sono tutti.

Il telegrafo costa maggiori spese d'impianto e di manutenzione, il telefono relativamente offre una grande economia nell’uno e nellìaltra. Per un 10 Chilometri di distanza effettiva, la spesa sta tra le 600 alle 800 lire.

Il telegrafo è per le comunicazioni tra Stato e Stato, tra grandi e grandi città, fra Emisfero ed Emisfero; ma per le comunicazioni nello interno della città, fra un piano ed un altro di un'officina, fra la casa ove si abita ed un negozio, uno stabilimento che ci appartiene, tra villaggio e villaggio, è più alla portata il telefono, anzi è il solo che può' essere messo in uso.

In Corigliano ha dato l’esempio la Casa del Barone Compagna, che ha così messo in comunicazione il suo Casino di Palombella, ove a 8 Chilometri circa di distanza è andato ad estivare la famiglia, col Castello sito in questa città. Così qualunque sito delle nostre montagne può esser messo in diretta comunicazione con Parigi e Londra. Difatti un dispaccio da Londra, trasmesso a Corigliano e arrivato alla sua destinazione ai signori Compagna, può immediatamente dagli Agenti della Casa essere trasmesso a mezzo del telefono al Padrone di casa, che sta lontano ad estivare. Egli, stando in montagna, può tener conversazione con tutto Corigliano, come a casa propria.

Sia lode ai Barone Compagna che ha dato tra noi l'esempio dell’impianto di questo strumento di civiltà; sia lode al nostro Capo-Ufficio telegrafico, sig. Francesco Graziani, che ha cosi bene studiato il meccanismo da dirigere l’impianto del telefono del Barone, senza bisogno di chiamar da fuori macchinisti e specialisti che costano un'occhio del capo.

Si dirigano a lui i nostri villaggi che non hanno e che non possono aver telegrafo e vogliono mettersi in comunicazione col mondo civile. Così solo la nostra Provincia, disseminata e sminuzzata in centinaia di paeselli e borgate, può farsi una rete completa di comunicazioni, innestando la corrispondenza telefonica a quella telegrafica. Seguano l’esempio del Barone Compagna, tutti quei proprietari della Provincia che hanno necessità di corrispondenze frequenti con Stabilimenti e fabbriche loro lontane; la spesa non è tale che si debba essere Barone e Principe per sopportarla.

(Il Popolano del 6 agosto 1887)

Il Popolano n. 16 del 16 agosto 1887

Commissione edilizia

Esiste tuttavia nella nostra città una Commissione edilizia? Se si, perché non funziona? Se no, perché non si provvede?

Noi vediamo che dei nuovi fabbricati sorgono tutt'i giorni nei quartieri Falcone, Ospizio, Orto del Duca; vediamo che molti vecchi casamenti si rifanno, si modificano, s'innalzano, s'ingrandiscono per rispondere ai bisogni della crescente popolazione. Ebbene, tutti questi lavori si eseguono per lo più senza alcun ordine, senza alcuna simmetria, non essendovi alcuno che vegli al loro regolare andamento. Ma quel che più dovrebbe richiamare l'attenzione della Municipale Amministrazione si è soprattutto la irregolarità delle nuove strade, massime nell'Ospizio ed in Falcone, se strade possono pur dirsi quegli angusti sentieri lasciati a zig-zag tra casa e casa.

Ond'è che quando gli abitatori di questi quartieri cominceranno a gridare per avere, con una strada, un po' di aria e di luce, il Comune si avvedrà del danno derivato dalla sua imperdonabile negligenza!

Speriamo si voglia provvedere.

(Il Popolano del 30 agosto 1887)

Il Popolano n. 18 del 15 settembre 1887

LE MASCHERE

E' d'uopo confessarlo , checché ne dicano i pessimisti, le maschere, ai tempi d'oggi valgono un Perù.

E, difatti, senza questo portentoso ritrovato, senza, questo, per quanto invisibile altrettanto necessario velo, quanti visi, quante facce verrebbero messi in vista del pubblico, nel vero loro stato reale e patologico, nella vera forma e nel vero loro colorito.

I nostri lettori, c'immaginiamo benissimo, avranno capito di quali maschere intendiamo parlare; non certo di quelle di cartone o di seta che di carnevale coprono i volti dei pulcinelli o degli arlecchini, ma bensì di quelle che in tutti i tempi, in tutte le ore nascondono i visi di ben altri pulcinelli ed arlecchini in guanti e soprabito.

Dalle più alte alle più basse sfere della società, ormai giunta ali' apice della corruzione e del deprezzamento, voi ne vedete a centinaia, a migliaia. Tutti inchini, tutti zucchero, tutti melliflui, sembrano tanti pupi del secolare e del leggendario teatro di Donna Peppa in Napoli, da acconciarsi in tutti gli atteggiamenti, i più umilianti e più abbietti che fossero. Se vedete costoro in un gruppo di popolani, in casa o in piazza, ne spifferano di ogni colore contro l'aristocrazia e il feudalismo; si danno l'aria dei più sfegatati liberaloni; dicono di essere uomini più popolari di Garibaldi stesso. Sputano sentenze e danno consigli popolari, e direi quasi fraterni. Parlano di riforme e di miglioramenti delle classi operaie; di riordinamento delle società operaie; di rimedi da apportare alla minacciante crisi agraria; vedete in loro, insomma, i più strenui campioni della democrazia e delle classi meno abienti.

Sono reali tutte queste qualità che dimostrano? No. Tutto quello che oggi dicono è un sogno; è una fantasmagoria; una chimera; che al primo soffio di un altro venticello si sperde e non se ne resta più nulla.

Al primo annunzio dell'arrivo di un blasonato, voi li vedete cambiati dalla testa ai piedi. Tutte le parole del giorno inanzi sono andate in fumo, tutte le riforme non se le ricordano nemmeno, ed invece li vedete cambiati di colore, di classe, di pen siero, di sentimento.

Mercé la nuova maschera che si adattano al viso diventano aristocratici puro sangue; parlano e sparlano contro quel popolo che ieri volevano innalzare fino al settimo cielo, e tutti umili e mansueti offrono i loro servigi al nuovo arrivato, loro novello padrone, perché questo porta un titolo innanzi il proprio casato.

Cambiano colore e sentimento, cambiano anche la natura, mettendosi l'altra umiliante maschera dell' adulazione, del servilismo, del vassallaggio.

E se domani possono sperare qualche cosa dal popolo, di quel popolo prima lodato e poi malmenato, sono daccapo, facendo, se occorre, anche i discorsi ampollosi in lode dello stesso.

E vanno avanti così, sempre così, poco curandosi di chi potrebbe far loro un rimbrotto o un riso beffardo.

Oh potenza dell'oro e quando sarà che il tuo luccichio non abbaglierà più questa gente che non ha nome!!! E quando sarà che l'idea di quel metallo portentoso, onnipossente non tiri appresso di sé la numerosa folla di cedesti vigliacchi prezzolati!!

Ahimè, è dura la parola ma... ci vorranno ancora degli anni; specialmente nelle deleritte Calabrie!!

E noi, forti, intrepidi, e pieni di speranza aspettiamo quel giorno!!!

(Il Popolano n° 18 del 15 settembre 1887) 

Il Popolano n. 19 del 2 ottobre 1887

Le partenze per l'America

E sen vanno, sen vanno ogni giorno a popolare il nuovo mondo, abbandonando la patria,le officine, i campi!! Non è da illudersi: fra qualche anno mancheranno le braccia per l'agricoltura,e con essa languiranno le industrie ed il commercio! La nostra, Corigliano era quasi rimasta immune della febbre dell'emigrazione; in tanti anni non erano partiti che pochi individui; era l'invidia della provincia. Ma ora malgrado la vastità del suo territorio, la varietà delle colture, l'ubertosità dei suoi campi, la abbondanza dei prodotti, le comodità della vita, anche Corigliano vede frequenti e numerose le partenze per le Americhe! E se prima partiva il barbiere,il sarto,il calzolaio, ora la smania della partenza ha invaso, non soltanto e più potentemente gli artigiani, ma benanco i contadini — E vanno non solo gli uomini, ma pure le donne; non solo gli adulti, ma pure i fanciulli, e vanno allegri e giulivi, come se andassero a festa! Ma per quali cause si abbandona tanto sorriso di cielo, per andare in lontane contrade, in mezzo a tante difficoltà e a tanti disagi? Le cause che inducono il coriglianese ad emigrare sono perfettamente identiche a quelle, degli altri paesi della provincia— Malgrado tutto ciò che Dio ha concesso a questa nostra terra, molti sono quelli che soffrono, e non si può a lungo resistere con fredda indifferenza ai lamenti che partono dal petto delle persone a noi più care — Qui non si può più vivere! vi sentite esclamare tutti giorni. E veramente i bisogni della vita sono di molto cresciuti, e la mercede del contadino non è migliorata. Ma a volerla migliorare si urtano gl'interessi dei proprietari, e fra questi, i piccoli sono in condizioni anche peggiori. A molti quella limitata proprietà è piuttosto di peso : il tenue prodotto non basta per le imposte, sempre crescenti, e le spese fatte per la coltura vanno spesso perdute. Laonde, in tanta triste condizione si rumina nel cervello il pensiero di valicare l'oceano, e, quando si è potuto raggranellare una sommetta pel viaggio, si parte, abbandonando la patria, i domestici lari, la diletta sposa, i genitori, i figli!.. Si figuri quale strazio abbiano a provare quei cuori; ma pur li anima la speranza di potere in quelle lontane plaghe migliorare la loro condizione, e ritornare un giorno,se non ricchi, almeno in istato da vivere senza stenti,e da cittadini liberi ed indipendenti. Nè il miglioramento del proprio stato è il solo movente all'emigrazione. Il desiderio di una più verace libertà ed indipendenza; la sete ardente di giustizia che qui spesso si vede conculcata, anima anche i nostri emigranti. Gli agenti fiscali vi mettono tutt'i giorni alla tortura, e con tutte le ragioni del mondo non si riesce a renderli più umani. È un piacere a vederli gongolanti di gioia per aver aumentato di qualche centinaio o di qualche migliaio di lire la tassa di Ricchezza Mobile, per esempio; ma non voglion capire che quello è sangue del povero, e non è regola di buon governo giungere agli estremi. Se un povero operaio, un contadino avrà a contendere con un ricco, meglio che non ardisca di farlo: le porte della giustizia son chiuse per lui! Son dunque gli abusi di ogni specie, son lo esorbitanti imposte, son le continue ingiustizie che irritano i nostri buoni operai, i quali fuggono, fuggono per non sottostare a tante enormità. Che il Governo ci pensi una buona volta. Si promettono sempre dei rimedi contro l'emigrazione; ma, mentre i rimedi son là da venire,l’emigrazione cresce, cresce sempre! Son le classi operaie che il Governo deve pensare a migliorare, sollevandole dall'abbandono in cui giacciono : poiché per esse finora troppo poco si è fatto, molto ancora resta da fare.

E vogliamo sperare che per il bene comune della Patria, vi si pensi seriamente, con coscienza, con intelletto ed amore.

(Il Popolano n° 19 del 2 ottobre 1887)

Il Popolano n. 22 del 23 novembre 1887

I POTERI

Questa volta, amici lettori, imprendiamo a trattare un argomento ben grave, che, di certo, attirerà contro, più di quello che ce ne siamo attirati per lo passato, i fulmini di tutti coloro che si credono essere menomamente toccati.

Eppure anche i nostri più fieri oppositori, non potranno fare a meno, in cuor loro, di darci ragione e dire:

Sono severità!

Oh, se, sempre la verità si potesse dire, senza urtare i nervi di talune persone!!!

Ma, è duopo dirlo, non tutta si può dire, specialmente in Corigliano.

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Tutti aspirano a salire in alto; ad avere un posticino nelle pubbliche amministrazioni dello Stato; e, quando altro non possono fare, quando non possono pervenire ad essere Ministro, Deputato, magari prefetto o Consigliere Provinciale, si contentano pure dell'umile carica di Sindaco o di semplice Consigliere Comunale.

É inutile aggiungere che sono ricchi, i titolati, i potenti quelli che, usando tutti i mezzi, leciti ed illeciti, pervengono ad occuparle, privando a qualunque posto il ceto popolare di questo diritto, massime nei piccoli centri, ove il servilismo regna come al tempo di Pappacene.

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Si scioglie la Camera? Ebbene, si assediano i poveri elettori da tutti i lati.

Promesse, lettere di amici, avvisi di guisa di lenzuola, protezioni ecc.. Tizio si presenta candidato a Deputato?

Ebbene, se la fortuna ha voluto che voi siate amico diretto del candidato in parola, eccovi accerchiato da una turba di amici che girano facendo discorsi, scrivendo lettere, comprando protezioni e .... voti.

Ecco di già che han formato un comitato di tre...nta elettori, che, per compiacenza o per forza, si son fatti firmare.

Se vi afferrano, vi mettono in mezzo e vi decantano le belle qualità del loro protetto.

Che persona, amico mio! Che pasta di zucchero! Quanto è gentile! Com'è compito! Andando lui al parlamento, la nostra città avrà fatto un gran passo. E, discorrendo di simili cose, vi conducono, anche contro voglia , a fare una visita al futuro deputato.

Giunti al palazzo, tutte le porte si spalancano innanzi a voi, foste pure un ciabattino, un fabbro, un muratore; basta d'essere ascritto alla lista elettorale. Vi si fa sedere sur un divano o sur una poltrona a molle, ove, alle volte si fa sorbire una tazza di caffè vero moka, fino a tanto che l'aspirante a Deputato non finisca di parlare con un'altra schiera di elettori giunta prima di voi.

E dopo atteso un pezzo, ecco il vostro futuro rappresentante che viene a voi, tutto ridente, tutto allegro; vi stringe la mano e, dopo avervi fatto un sacco di cerimonie, raccomandandovi la sua candidatura, come persona influente e popolare, ed offrendosi in ciò che vi può essere utile vi da il commiato: e voi soddisfatto in cuor vostro per avere stretto la mano a... un futuro Deputato, e di avere un saldo appoggio in qualche emergenza, vi ritirate a casa vostra. E il giorno appresso incominciate anche voi a far voti per Don... Tizio.

Il giorno per le elezioni arriva finalmente, e allora poveri elettori.!! Le insistenze si fanno più continue per lettere e, se occorre, anche per telegramma, le raccomandazioni più vive, e voi andate a dare il vostro voto a Don... Tizio.

Si leggono le schede. Il candidato, per il quale voi avete parteggiato e votato, risulta in maggioranza di voti; e qui feste, gioia, allegrezza, gridi, musica, spari, tripudio generale!

Si organizza una imponente dimostrazione; si va sotto i balconi del Deputato e si grida vivaaa!!...

Il nuovo eletto, gongolante di gioia si affaccia al balcone e vi saluta.

E qui si ripetono gli evvivaaa... La patria è salvata! Il nostro 50 candidato è uscito vittorioso dall'urna !!! Dopo molto tempo da che il novello Deputato si è già installato nell'aula magna, un'ingiustizia vi vien fatta da un autorità e per la quale vi occorre l'appoggio di una persona altolocata; e, voi, fidenti nelle promesse avute, vi rivolgete al vostro rappresentante per ottenere giustizia; e, certi di ritrovare in lui un saldo appoggio, ricorrete a lui scrivendoli una bellissima letterina.... Passa una settimana,due, ma nessuna risposta vi vien fatta,e, voi, incolpando l'Amministrazione delle Poste, ne fate una seconda, e questa, per esser più sicura, la raccomandate.

La seconda lettera ha la sorte dell'altra! Allora aspettate la chiusura della camera per parlare a voce col Deputato, quando ritorna al paese....

E, ritornato da Roma, il terzo giorno vi presentate al portinaio, per essere introdotto; ma questo, con un risolino sardonico vi dice : sua Eccellenza non riceve.

-Ma io sono Caio-sono elettore…

-É inutile; Sua Eccellenza non riceve…

Allora voi cadete dalle nuvole …

Non vi si riceve?!! E le tante promesse !!! Canzonature, amico lettore. Sono promesse che si fanno, quando bisognano i voti, ma non si possono mantenere. Dunque?

Son promesse vane .... tutte bugie, che si fanno e si dicono per arrivare al loro scopo, per afferrare il potere, e poi ridersi di voi, Grulli, grulli, grulli !!!.

***

Né molto dissimile è ciò che avviene per le elezioni amministrative. Eccoli, due mesi prima del giorno fissato per le elezioni, eccoli in giro, di bottega in bottega, di casa in casa, di giorno e di notte, facendo risolini, facendo saluti, scappellate, strette di mano; avvicinarsi al maestro, al massaro, al contadino e parlano con essi familiarmente; facendo loro mille proteste di amicizia, mille promesse di protezione, lodando, lisciando il povero elettore; chiedono alla fine il voto, promettendo mari e monti se vanno loro al Municipio.

Il loro programma racchiude tutto ciò che di bello e di buono si possa fare per arricchire, risanare e far bella una città. Strade nuove, conduttura per le acque potabili, fognatura, illuminazione e gas,o, se occorre, anche elettrica, pulizia , teatro, ospedale, musica e quant'altro potesse trasformare il paese in un eden di delizie.

Arriva il giorno delle elezioni e con mezzi ordinari, e anche straordinari (il più delle volte) riescono all'intento. Appena saliti al potere, si dimenticano di tutto e di tutti. Tutto il bene del paese consiste nell'andare, qualche volta, e quando si deve favorire qualche amico, nelle sedute consiliari.

Lo scopo cui mirano è tutt'altro: Vogliono sedere nel Municipio per cacciarsi qualche capriccio; per fare le loro vendette; e darsi l'aria di patres conscripti.

Ed i capricci se li cacciano col far fare due ore d'antisala ai loro non simpatici, col respingere le domande di quei cittadini (e siano anche giuste) che sanno non aver votato la loro lista, che ad essi era stata presentata scritta e segnalata.

E le vendette le fanno contro quei malcapitati cittadini che hanno avuto l'audacia di favorire il partito avverso! e così fanno loro mille dispettucci che farebbero ridere un....pollo.

E sapete come fanno il bene del paese salvatore della patria?

Col fare spese enormi, opere colossali sbagliate che ridondano sempre a danno del Comune, e per conseguenza del povero popolo che paga.

E prova ne siano la non mai abbastanza biasimata Strada Montagna, dove si profusero più che 200 mila lire, senza che questa sia buona neanche per i carri tirati da quattro buoi; e la nuova malaugurata conduttura delle acque potabili, mercé la quale, dopo più di 100 mila lire spese, abbiamo l'acqua più impura e più torbida, che non coi vecchi condotti: e con la Cappella del Camposanto, crollata per ben due volte , e riedificata a spese, in buona parte, del Municipio; e con una banda musicale, a cui si spendono più che 2000 lire all'anno, senza farsi sentire una sola volta a suonare in piazza; col vecchio macello dovutosi abbandonare, perché la puzza rendeva inservibile la bellissima passeggiata di S. Francesco; col Ginnasio dove si profondono migliaia e migliaia, senza che la città ne fruisca alcun utile; e il bene del paese si fa negando un corridoio del convento di S. Francesco, dove vi si accatastano travi di Consiglieri o loro amici, e dove si va ad orinare ed a fare...) ad uso di teatrino filodrammatico, dove la gioventù si sarebbe potuto educare ed istruire; ed il bene del paese si fa negando, dopo avergliela concessa, la chiesa di S. Francesco alla Società Operaia per farvi i funerali dei caduti di Dogali; e... Ma non basta, perché sarebbe troppo lungo il voler enumerare tutte le opere buone che i nostri rappresentanti fanno nel nostro paese. Non è il bene del paese che fa aggredire il potere; è invece il bene proprio, è il desiderio di padroneggiare nelle cose municipali quello che tanto fa arrabbattare questi uomini ad avere i suffraggi. Lo scopo è di avere le redini in mano; per mettere la tassa sul mosto, sul pane, sulla pasta, sulle carni sui cani, sulla misura del mezzo tomolo di pietra in piazza del Popolo, tasse che colpiscono più il povero contadino, il povero artigiano; anzicchè tassare gli olii, i latticini, le carrozze, gli agrumi che colpirebbe la classe abiente.

Non è il bene pubblico, ripetiamo, quello che vogliono, è il bene privato della classe privilegiata.

E il male sta, che, con tutti questi abusi, buona parte di elettori non ha mai voluto capire che bisogna cambiare sistema, per non ricadere nei disinganni provati per lo passato.

E quando lo capiranno?

Ai posteri l'ardua sentenza!

(Il Popolano n° 22 del 23 novembre 1887) 

Il Popolano n. 24 del 25 dicembre 1887