PREFAZIONE

Prefazione

dell’Autore

Gentilissimo lettore, durante uno dei miei singolari e affascinanti viaggi alla ricerca di personaggi protagonisti della vita della mia città, ormai lontani nel tempo e nello spazio, ma vicini virtualmente al mio cuore, ho avuto la fortuna di incontrare uno degli uomini più intensi e complessi, per alcuni versi anche sopra le righe, che Corigliano abbia avuto tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima del Novecento.

Il suo nome era Francesco Dragosei, giornalista, commediografo, editore, musicista, direttore della banda cittadina, cinefilo, tipografo, impresario e, in particolare, animatore di ogni attività locale, ma ai più, per la sua popolarità e per il suo grande carisma, era noto col nome di “don Ciccio”.

È stato un incontro interessante, fortemente coinvolgente, caratterizzato, pur in un contrasto di luci e di emozioni, da un rispetto reciproco, in presenza di un testimone speciale, molto caro al Dragosei, Il Popolano, un giornale che ha rappresentato una finestra di democrazia sulla nostra città, rimasta aperta per circa mezzo secolo (dal 1882 al 1930) e chiusa, poi, dal tempestoso e turbolento vento della malvagità umana.

Grazie proprio al grande contributo obiettivo di quest’ultima discreta e silenziosa presenza, dalle pagine stanche e ingiallite, macchiate dalle fioriture del tempo e dall’incuria dell’uomo, nonché un vero diario di bordo per la nostra città, ma anche un diario di vita e di avventure del suo ideatore, penso di aver riportato alla luce i cocci della vita travagliata e difficile di quest’uomo, nella speranza di averli ricostruiti con sincera onestà intellettuale e rigore morale, talvolta anche con crudo realismo.

Senza cadere nei soliti luoghi comuni, per me, “storico per caso” per una strana giravolta del destino, don Ciccio è stato l’uomo più innovatore, più creativo, più eclettico, che Corigliano negli ultimi due secoli abbia avuto; una vera mente poliedrica capace di coniugare in modo incredibile l’arte con i più moderni strumenti della comunicazione.

Si trattava, in breve, di un vero genio del “fare”, che, mettendo, talvolta imprudentemente, a dura prova il suo ricco patrimonio di famiglia, aveva sfidato il tempo e lo spazio nel rincorrere con coraggio il susseguirsi veloce delle mode e delle tendenze delle nuove tecnologie.

Per molti aspetti, sembrava a volte che si trasformasse in una vera macchina del tempo, capace di anticipare il futuro per dare più valore al presente, altre volte, invece, in un vanitoso Icaro dalle ali di cera, che, volteggiando nei cieli alti e infiniti, andava alla ricerca dell’ignoto, avvicinandosi sempre di più al sole, fin quando un giorno, purtroppo, incoscientemente, con l’insensata voglia di accarezzarlo, gli si avvicinò troppo. E fu la sua rovina.

Nel raccontare le sue azioni di uomo attento alle arti, ma anche a quelle delle sue passioni, vere e proprie debolezze, che non di rado gli facevano percorrere sentieri solitari e malinconici al punto da spingerlo una volta nel baratro della disperazione, per correttezza, mi sono tenuto, quasi sempre, lontano nel dare giudizi o commenti non adeguati al contesto storico e sociale del personaggio, rifugiandomi spesso nelle pieghe delle pagine di cronaca del suo giornale, Il Popolano, sorgente d’acqua limpida della sua vita e del suo tempo.

Infatti, nelle ultime pagine del libro, oltre alle testimonianze di uomini illustri che hanno conosciuto direttamente o indirettamente Francesco Dragosei, nell’Appendice, come un ricco e ben articolato corredo alla narrazione, ho voluto riportare, nella versione originale, alcuni importanti articoli de Il Popolano, in modo che tu, caro lettore, possa riscontrare l’attendibilità e l’esattezza del sottoscritto.

Concludo la mia breve prefazione a questo nuovo viaggio dell’anima tra i ricordi di un paese e della sua gente, sperando ancora, se il tempo lo vorrà, di poter continuare a scavare tra ogni pietra, tra ogni anfratto di questo nostro borgo antico, tra tradizioni, ricordi e persone, che appartengono ormai alla memoria collettiva. Spero, altresì, di essere, soprattutto, utile a coloro, che, meglio di me, in futuro vorranno portare alla luce le radici e l’identità della nostra cultura, contribuendo, così, a riempire quel grande e misterioso mosaico del libro della vita.

Raccontare, dunque, per me è dire: “La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro: leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare” (Arthur Schopenhauer).

Con questo aforisma, che racchiude il senso del mio lavoro, ti auguro di scoprire tra queste pagine quella parte di te che è legata al passato e quel sogno chiamato vita da proiettare nel prossimo futuro.

Grazie della tua attenzione.

Serena lettura!

Giovanni Scorzafave

 

 

PRESENTAZIONE

di Giacinto De Pasquale

Consentitemi di esprimere tutta la mia riconoscenza all’autore del libro per questa grande e preziosa opportunità che mi ha offerto nel vergare la prefazione. In queste circa 300 pagine che compongono il lavoro, non facile, condotto dall’autore, traspare in tutta la sua portata e imponenza Francesco “don Ciccio” Dragosei. Un personaggio troppo avanti con le idee per il tempo nel quale ha vissuto, nella Corigliano di fine ottocento e fino ai primi drammatici momenti dello scoppio della seconda guerra mondiale.

Dragosei ebbe il grande pregio di leggere in maniera chiara e lucida quali potevano essere le attività sociali, culturali e commerciali che, da lì a poco, avrebbero contrassegnato l’avvio di quel progresso socio-economico che non solo Corigliano e la Calabria attendevano, ma l’Italia intera.

La sua poliedricità, il suo modo vulcanico di portare avanti le proprie iniziative lo hanno consegnato in maniera chiara ed indelebile alla storia della città di Corigliano. Il lavoro minuzioso e sapiente dell’autore contribuisce in maniera preponderante a far emergere il genio e la sregolatezza del Dragosei.

Corigliano ha ricevuto tanto da questo personaggio, ma anche lui ha ricevuto tanto da una comunità che ha dovuto vincere diversi momenti particolarmente delicati, che l’avevano portata a continue divisioni sul suo operato; alla fine, però, emerge in maniera chiara, dalle pagine di questo libro l’amore, la stima e il ringraziamento che i Coriglianesi hanno tributato a don Ciccio.

Come leggere diversamente il “perdono” che la città gli attribuirà in occasione del suo ritorno dopo avere scontato la condanna per l’uccisione della moglie adultera? Non un “perdono” fine a se stesso, ma dettato non solo dall’attività imprenditoriale del Dragosei, ma anche dal suo impegno politico.

Don Ciccio incarnava il ruolo del politico amante della democrazia, della trasparenza e della legalità. Per il nostro la politica doveva essere, solo ed esclusivamente, al servizio della comunità.

Più volte, basta leggere le cronache del tempo su “Il Popolano”, Dragosei entrò in aperto conflitto con il Consiglio comunale, accusando i colleghi consiglieri di “collusione” con il malaffare, i quali si erano dimenticati dell’essenza che era alla base del mandato elettorale: fare il bene della città e dei cittadini.

Ecco perché anche da questo punto di vista don Ciccio è stato un esempio da offrire alle nuove generazioni, ma anche, perché no, agli attuali politici nostrani. E allora come potevano i Coriglianesi non perdonare quest’uomo, che pur vittima di alcune debolezze insite dell’animo umano, comunque era stato sempre dalla loro parte.

Politologo, precettore, scienziato, Francesco Dragosei fu una delle menti più brillanti di Corigliano Calabro proprio per la sua insaziabile curiosità e passione per lo studio: un autentico 'polimathes', termine greco che indica «colui che ha appreso molto».

«Tutti gli uomini per natura tendono al sapere e al fare». Fu seguendo questo principio, che don Ciccio Dragosei visse tutta la sua vita.

Non solo s’interessò a ogni disciplina che attrasse la sua curiosità – per quanto sia ricordato principalmente come imprenditore –, ma perseguì la verità anche quando significò opporsi a coloro che lo avevano protetto, fossero questi compagni di cordata.

Ha sempre creduto fermamente in tutto quello che decideva di fare. Ha dilapidato il proprio patrimonio finanziario per correre dietro al progresso, per dare alla città di Corigliano una dimensione decisamente alta e diversa rispetto a tante altre realtà similari del Sud.

In tutto quello che faceva Dragosei non ha mai pensato al profitto fine a se stesso, sapeva che queste continue “scorribande” imprenditoriali gli sarebbero costate care, ma lui non si fermava certamente di fronte al primo ostacolo. Era convinto che il realizzare un giornale avrebbe contribuito a far crescere il dibattito sociale e culturale in città, e lui non ci ha pensato su due volte a creare “Il Popolano”.

Questo giornale è stata la palestra culturale di fior di Coriglianesi e non solo, figli illustri che hanno dato libero sfogo alle proprie idee, attraverso il piombo prodotto e composto nella tipografia del Dragosei.

Cito solo alcuni nomi: Italo Carlo Falbo, diventato direttore del più diffuso quotidiano romano; Ostilio Lucarini, giornalista e scrittore a Bologna; Giuseppe Tricarico, giornalista e scrittore a Napoli; Italo Dragosei e Luigi Bruno , giornalisti e scrittori a Roma; per non parlare poi di Luigi Patari, Francesco Maradea, Guglielmo Tocci, Alessandro Pasquale Dragosei (suo zio), Pasquale e Domenico Gallerano, Nicola e Vincenzo Gallerano. Ma Dragosei non si adagiava mai sugli allori, anzi per lui era vitale incrociare nuove sfide sociali, economiche e imprenditoriali.

Francesco Dragosei giornalista, editore, tipografo, musicista, impresario teatrale e cinematografico, amministratore comunale, per oltre 50 anni fu protagonista della vita cittadina. Mezzo secolo vissuto da protagonista, capace di affrontare da solo l’intera società.

Accanto a ciò nel libro l’autore non trascura l’aspetto, diciamo, abbastanza intimo della vita di Dragosei: il suo debole per le donne. Un aspetto questo che Scorzafave tratta in maniera garbata, nonostante don Ciccio fosse molto disponibile ad avventure amorose. L’autore descrive come questa debolezza verso il gentil sesso, gli arrecherà tutta una serie di problemi, fino a giungere alla scelta, davvero infelice, di sposare la venticinquenne bresciana, Maria Fanelli , soubrette della Compagnia teatrale Piepoli-Varriale, che poi ucciderà perché scoperta adultera. L’autore descrive l’infelice scelta fatta dal Dragosei con parole davvero mirabili: “Ormai il dado era tratto: il trentottenne Francesco era rimasto impigliato nelle strette maglie delle false convinzioni etiche di una donna vanitosa, che come una nave da crociera sapeva fin troppo bene in quale porto approdare”.

Ecco perché oggi il qualificato lavoro di ricerca condotto dall’autore assume un valore particolarmente prezioso per le giovani generazioni.

L’autore è da anni che ha intrapreso, in maniera alquanto opportuna, la strada, irta di difficoltà, di riscoprire le radici della storia locale. Tutto ciò con notevoli difficoltà, perché il lavoro di ricerca, non solo è pieno di ostacoli, ma spesso ti pone di fronte a dubbi e perplessità, legate proprio alla non facile ricerca delle fonti.

Giovanni Scorzafave “testardo”, meticoloso, “manicale”, puntiglioso qual è ha capito che, pur tra mille difficoltà, alla fine il lavoro di ricerca delle proprie radici non è soltanto qualificante, ma prezioso ed importante per le nuove generazioni che, ne sono certo, ad un certo punto del proprio percorso sociale, cultura e terreno si porranno la domanda: ma chi ha contribuito alla storia della mia città?

Ma a parte ciò l’autore ha avuto modo, fin qui, di avere quelle soddisfazioni, non solo per ciò che attiene la ricerca, ma personali perché nella sua interessante produzione editoriale, ha ricevuto sinceri e lusinghieri consensi. 

Questo libro, ne sono certo, consegna alla storia della nostra città racconti, documenti e testimonianze su un personaggio eccezionale che altrimenti rischiavano di cadere in uno stato di pericoloso oblio.

Dimenticare le proprie radici, cancellare personaggi che hanno dato tanto per il progresso di questa città sarebbe stato un peccato mortale.

Secondo me è giusto, a 84 anni dalla morte, riscoprire questo autentico personaggio illustre di Corigliano. Un uomo con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, insiti dell’animo umano.

Accanto al clamore per le novità che portava a Corigliano, purtroppo, in diverse circostanze, attorno a Dragosei si è sviluppato un dibattito ricco di chiacchiericcio, denigrazione, invidia e cattiveria. Una sorta di amore-odio cittadino che è insito, secondo me, proprio nei grandi personaggi che hanno dato lustro a quella comunità dove hanno vissuto e lavorato.

L’autore di questo libro ha tracciato un percorso che potrà e dovrà essere arricchito nel corso degli anni, ma che, secondo me, consegna alle giovani generazioni coriglianesi una figura alta, nobile, complessa e innovativa.

Credo che pochi oggi conoscano il Dragosei descritto da Giovanni Scorzafave  in queste pagine, perché il tempo cancella tanti ricordi, tante storie, tanti momenti sicuramente importanti che hanno caratterizzato in maniera concreta le vicende sociali, culturali, economiche e storiche della città.

La ricchezza di notizie, date, fatti e circostanze fa di questo lavoro di ricerca di Scorzafave un documento su cui tutti i Coriglianesi dovrebbero confrontarsi e riflettere. Soprattutto chi amministra la città non deve perdere l’opportunità di leggerlo, perché vi troverà tanti spunti interessanti che potrebbero costituire quei capisaldi necessari per fare il bene delle comunità amministrate. Lo dovrebbero leggere soprattutto i giovani, perché possano convincersi che credere nelle proprie forze ma, soprattutto, avere degli obiettivi da raggiungere nella propria vita, senza l’aiuto di nessuno, è possibile.

Sulla figura del Dragosei, che emerge da queste pagine, lascio il giudizio al lettore, ognuno avrà modo di farsi una propria opinione, ma una cosa è certa: l’opera di Scorzafave cade in una fase storica particolarmente importante per la nostra Corigliano.

Sicuramente dal 31 marzo 2018, data ufficiale della nascita della nuova città di Corigliano-Rossano, il nostro paese sta vivendo una delle fasi più difficili con una decadenza, non solo sotto il profilo economico, ma soprattutto sociale e culturale, davvero drammatica.

Si avverte in maniera chiara e palpabile un’assenza totale di confronto culturale e politico. Tutte le problematiche legate ad una difficile condizione sociale sono pericolosamente aumentate.

Ecco perché oggi è importante leggere questo libro, in quanto da queste pagine traspare in maniera evidente la dinamicità di una città che, pur in presenza di grossi e gravi problemi insiti delle società del Sud di fine ottocento e primi anni del novecento, era riuscita ad emergere grazie a uomini come Francesco Dragosei.

Io sono convinto che se oggi attorno al lavoro di Giovanni Scorzafave si aprisse un dibattito, questo potrebbe contribuire a ridare slancio propositivo a quel disquisire di natura sociale, economica e culturale che oggi, come dicevo, latita.

Corigliano oggi ha bisogno innanzitutto di poter tornare a vivere la propria identità, così come è giusto che la stessa cosa accada per Rossano, perché il territorio coriglianese deve essere governato ed amministrato in maniera autonoma. Troppo vasto ed articolato, pieno di problematiche soprattutto di carattere sociale ed economico, ecco perché questo territorio non può e non deve continuare a vivere nell’abbandono e nell’indifferenza.

Sono convinto che riscoprire la figura di don Ciccio Dragosei servirà a riaprire quel dibattito che in questa città si è assopito da troppi anni.