Guido Compagna

(in preparazione la Vita del barone)

Frammenti sulla morte di un barone

 

Alle ore 18 del 11 marzo del 1925, pervenne al nostro sindaco, Giuseppe Caracciolo, il seguente telegramma:

“Partecipo vostra Signoria sventura irreparabile nostra famiglia fine avvenuta oggi adorato fratello Guido pregandola informare cittadinanza coriglianese che amò suo figlio prediletto comune dolore.”

                                                                                                                                              Luigi Compagna

GUIDO COMPAGNA

Alle lunghe ore trascorse in silenzio fra la trepidazione e la preghiera, l'ansia e l'attesa, è succeduta la notte senza fine e senza luce.

E mai più Lo 'vedremo vivo e bello, d'una vita e d'una bel­lezza che parevan fuse a posta per rappresentare l'espressione più pura e più. alta dell'anima coriglianese.

Tornerà- Lui, nostro oggi più che ieri, Lui ardentemente a­spettato, Lui che con tutte le invocazioni della fede con tutta. a tenacia del volere, tentammo strappare alla truce Ombra,

Tornerà fra poco, ma freddo, muto, disteso nel letto ultimo; ma seguìto da una moltitudine senza mente, senza voce, senza meta.

Perchè da Lui — sempre pronto e disposto a tutta la manifestazioni di umano e civile altruismo, — da Lui — che volle nostro il Castello, tempio e asilo di filantropia cristiana­mente praticata, — veniva a Corigliano il soffio animatore e purificatore, il monito, l'e­sempio, la guida verso il bene, verso l'equilibrio, verso la con­cordia, la pace.

Ma troppo monchi e con­fusi risorgono i ricordi in que­st'ora, che non rappresenta «la squilla di speranza vittoriosa» da Lui intraveduta nelle accla­mazioni plebiscitarie onde Co­rigliano, in delirante entusiasmo, ne accoglieva la candidatura a deputato.

Guido Compagna, il figlio e protettore augusto di Coriglia­no,- il tipo più rappresentativo della virtù bruzia, è lì, muto e immobile nella bara, che fra . poco, in devoto pellegrinaggio, accompagneremo — reduce da Napoli al Castello, e dal Castello alla tomba nella Chie­sa della Schiavonia, accanto al­la salma dell'avo illustre.

In quest'ora nerissima. che rappresenta il più gran lutto per la nostra cittadinanza, non parole, ma devoto. Raccoglimento, ma religioso tributo di so­spiri e di lacrime.”

L'UOMO

Ecco: s'erge più bella nella luce del ricordo la figura di Guido Compagna. E ritorna tutto un passato di abnegazione e di fede nelle idealità più pure; tutta una vita di attività, di lavoro, di beneficenza; una vita, fiorente di giovinezza e di sogni; una vita breve di anni, ma lunga di opere.
Guido Compagna fu l'espressione migliore delle migliori doti di nostra gente, l'affermazione maggiore delle nostre maggiori aspirazioni, la bandiera immacolata che ci proteggeva, ci guidava, ci sospingeva incontro alle conquiste più civili; il cuore più nobile che accolse il palpito d' ogni sofferenza; la mente più equilibrata e serena, che vide chiaro nel campo della politica, dell'agricoltura, del commercio, del benessere cittadino; il faro luminoso che ci rischiarò le vie dell'avvenire.
Ogni Coriglianese ha l'effigie di Lui scolpita nel cuore: chi illuminata dalla luce della gratitudine, chi da quella dell'affetto, chi da quella dell'ammirazione: ma sempre bella, sempre pura, sempre alta.
« Cor cordium » potremmo ripetere di Lui: Cuore dei cuori, cuore che s'impose a tatti i cuori con la magia della bontà, col fervore della iniziativa, col fascino della simpatia fatta di stima, di devozione profondamente e universalmente sentita.
Per lui ogni nostra industria fioriva, per lui ogni nostra aspirazione si attuava: feste di beneficenze, parco della rimembranza, monumento dei Caduti; in lui ogni nostra necessità trovava ancora di salvezza; per lui sorse in momenti gravi l'Ente Autonomo dei Consumi.
E non basta. Quando maggiormente le ire di parte dilaniavano il nostro paese, nel 1919, Egli sorse simbolo. di. pace e di concordia e fu il nostro Deputato. E anche in politica ebbe un programma netto e preciso: il bene di queste contrade, che han tanti diritti da rivendicare.
Ma andava sempre al di là dell'aspettato: quando fu inaugurato il Monumento ai Caduti, con pensiero oltremodo delicato Egli offrì 100 mila lire per la costruzione di un Ospedale: il ricordo dei Morti per la Patria accese nel suo cuore nobilissimo il desiderio di aiutare i bisognosi.
Quando si spense suo padre spedì altre 100 mila lire per lo stesso scopo.
A quanti andarono a salutarlo durante la lunga malattia, parlava con nostalgia infinita di Corigliano sua, che lo aspettava risanato, e che ne custodirà gelosamente le spoglie benedette.

Per l’On Guido Compagna
La sera del’11 corrente si sparse a Corigliano con la rapidità del fulmine la truce novella. Fu uno schianto per tutti, perché Guido Compagna era la parte migliore dell’anima nostra, che custodirà gelosamente il ricordo prezioso di Lui, che più bello balza dall’ombra del nulla.
Il giorno 12 tutti gli uffici, il nostro Ginnasio e Convitto e molti palazzi esposero la bandiera abbrunata, e su le porte di tutte le botteghe e in ogni angolo di via furono affissi dei cartelli recanti la scritta: Lutto cittadino.
La sera del 12 corrente, il Sindaco, accompagnato da due Guardie Municipali partì alla volta di Napoli a dire alla famiglia dell’illustre Estinto lo strazio di tutta Corigliano.
(Il Popolano n. 4 del 14 marzo 1925)

PACE
Son sette giorni - la nostra ambascia ne ha contati cento, ne ha vissuti cento - e accanto a una visione di pace, accanto all'immagine di Lui vivo e bello, ecco sorge un quadro lugubre: un viso emaciato, consunto; il suo viso ancora illuminato da quegli occhi pieni di fascino. Ma quegli occhi piangono la vita che fugge. E l’ora non passa mai. Il tempo s'è fermato come per prolungare l'agonia e lo strazio. La bocca vorrebbe proferire un nome e manda un rantolo. E il nome s'incide sulla fronte madida di sudore, trema negli occhi che si velano: Corigliano!
E a Corigliano, a tutti noi — che ci sentiamo tremare d'amore, di dolore come un'anima sola — la Madre lontana ha affidato il cadavere del Figlio suo adorato.
Siamo degni dell'altissima missione. Beviamo la luce, purifichiamoci alla fiamma emananti dalla nuova ara, sorta — sfida superba al tempo — in faccia al mare sonante, e a cui il flutto insonne porta il sospiro e la benedizione dei nostri fratelli emigrati. Cosi — nelle dubbie prove della vita — potremo da quella prendere i responsi e gli auspici, attingere nuova fede e nuova lena per le ardue battaglie di domani.
Con l'anima in ginocchio, preghiamo con devozione: Pace a Guido Compagna, che visse amando; pace a Guido Compagna, che tutto diede senza nulla chiedere; pace a Guido Compagna, il nostro fratello migliore, l'angelo nostro tutelare, il simbolo d'ogni nostra più bella aspirazione, il cavaliere d'ogni nostra più alta idealità; pace!...
Corigliano Cal.18 marzo 1925
Vincenzo Gallerano

 

GUIDO COMPAGNA E CORIGLIANO
Guido Compagna e Corigliano erano una cosa sola, che sembrava indissolubile e invincibile. Spento l'uno, l’altra rimane nelle tenebre e nel lutto. Perché Guido Compagna era il sole benefico di Corigliano. Era il duce glorioso che la sosteneva nelle più aspre battaglie e la guidava incontro alle maggiori vittorie. Fra l'asserto e l'apostolo d'ogni più nobile idealità. Per Lui ogni bisogno aveva il suo benefattore, ogni dolore il suo conforto. Era una natura privilegiata e squisita che resta esempio luminoso ai più umili come ai più alti.
Era il compendio e l'affermazione di tutte le virtù di nostra gente, era l'anima stessa di Corigliano che lo ha innalzato nella luce del suo spirito, e ne ha fatto un simbolo d'amore e di pace.
Quando Egli era qui, Corigliano sembrava mutata: c'era più movimento, più gioia. E qui Egli ha voluto che il suo corpo avesse riposo. E l'ultimo pensiero ha rivolto a Corigliano e col nome di Corigliano sulle labbra s'è addormentato nel sonno che non ha risveglio.
Povero amico! Noi non sapremo onorarti e rimpiangerti abbastanza. Tutto ci parla di Te. Ancora ci risuonano alle orecchie le Tue parole: «Prima ho dovuto consolidare la posizione della mia famiglia, ora voglio fare per la mia Corigliano tutto il bene possibile». E ricordiamo le Tue promesse: che avresti istituita una banca, che avresti fatto costruire delle case popolari, che avresti fatto sorgere una cartiera... Ma prima volevi l'ospedale, ch'era il Tuo sogno dominante.
L'ospedale sorgerà, e Tu non ci sarai. L'anima Tua esulterà dì gioia, e noi Ti benediremo e Ti vendicheremo della morte, facendoti rivivere d'una nuova vita
Francesco Dragosei
(dalla prima pagina de "Il Popolano" n. 5 del 21 marzo 1925)

GUIDO COMPAGNA PER L'ULTIMA VOLTA A CORIGLIANO 

L'ATTESA 

La città intanto s'è ammantata di lutto: chiusi gli uffici ed i negozi, bandiere abbrunate ad ogni balcone e ad ogni finestra, un mormorio sommesso come di singhiozzi mal repressi e di preghiere dette a fior di labbra.
Sbigottiti e percossi, increduli quasi, tutti i cuori si sono protesi, palpitanti, verso la verità ultima e cruda: l'attesa della spoglia mortale del più puro spirito. E a placare l'ansia assillante, è stato affisso quest'altro manifesto del nostro Sindaco:
Municipio di Corigliano Calabro
Cittadini,
Domani, proveniente da Napoli, giungerà alla nostra stazione, col treno delle sette, la salma del Barone onorevole GUIDO COMPAGNA
Memori degli altissimi sentimenti di carità ond'era ispirata la Sua nobilissima vita, nel profondo cordoglio che ci unisce intorno alla bara di Lui, invitiamo le autorità civili e militari e la cittadinanza tutta a prendere parte al corteo, che alle ore otto Innoverà da Villa Stargherita per la cappella gentilizia del Castello, ove la salma resterà esposta fino a domenica.
Alle ore. dieci, a cura del Municipio, saranno celebrati, nella stessa cappella, solenni funerali, e domenica mattina si procederà alle esequie dell'Illustre Estinto, che sarà tumulato nella Chiesa della Schiavonia.
Il Sindaco Caracciolo

 

E il popolo di Corigliano, non ha mentito la promessa di fede giurata al suo fratello elettissimo nei giorni luminosi dei suoi trionfi magnifici; ed ha risposto al richiamo sconsolato, muto e commosso, pervasa l'anima d'una tristezza infinita. recandosi compatto e dolorante all'incontro del fratello perduto per tributargli l'offerta estrema di pianto e di amore.
Alla stazione ferroviaria
Sabato, ai primi chiarori di un'alba incerta e gelida, resa più cupa dal rintocco lugubre di cento campane a martello, la città s'è destata per vivere la sua indicibile passione senza conforto.
L'ansia spasimosa d'una certezza immancabile e tragica era su ogni volto atterrito che il chiarore ante¬lucano illividiva. Ma il pianto e i singhiozzi disperati non salivano ancora a inumidir le ciglia e a spezzare nelle gole il respiro affannoso: ogni cuore col suo tremito d'angoscia aveva bisogno, perché esprimesse lo schianto improvviso, di sentirsi spezzato di fronte alla realtà cruda: la bara di Guido Compagna.
A gruppi a piccoli cortei silenziosi i cittadini, si son recati alla stazione ferroviaria per ricevere la spoglia esanime dell'amato Reduce.
Il vasto piazzale rigurgita d'una folla enorme, a capo della quale, nella dolorante attesa, sono il Duca e la Duchessa di Bovino, l'Assessore Dott. Luca Policastri con la Giunta al completo, signori avvocato Terzi, Tassitani, Cimino, Gallina e De Angelis, e quasi tutto il Consiglio comunale; il Cav. Avv. V. Fino, il Tenente dei RR. CC. sig. Prostino e il Maresciallo sig. Di Lorenzo, l'Ispettore forestale Cav. Storti e il nostro Direttore Cav. Dragosei, la Musica cittadina in grande uniforme. Grandissimo è anche il numero delle automobili, dei camions, delle carrozze che trasportano continuamente persone, corone, fiori.
Quando, alle ore 7,30, in perfetto orario, il treno entra in istazione e appare il carro-feretro, meravigliosa fiorita serra della morte, un lango fremito pervade gli innumeri cuori; e i gridi, il pianto, i singhiozzi mal repressi nella illusione di un miracolo impossibile, scoppiano irrefrenabili, lunghi, disperati, strazianti.
Si nota un folto stuolo di contadine convenute dai finitimi fondi Compagna, le quali sconsolatamente piangono e rievocano il loro buon padrone.
Il carro-feretro è staccato; e il lungo fischio del treno che s'allontana suona come l'estremo saluto della vita travolgente, al mistero della Morte.
Dal treno son discesi i congiunti dell'Estinto: lo zio barone cav. Alfonso, i fratelli Luigi, Piero, Mario, Renzo, il nipote duca Filippo di Laurenzana, e con essi il Duca di Sermoneta, il Barone Federici, i signori Berger, il fido cameriere Claudio, i famigliari e la servitù di casa Compagna. Ed inoltre, provenienti da Napoli, dove avevano partecipato alle solenni onoranze funebri anche là rese all'illustre Estinto, il Sindaco Avv. Giuseppe Caracciolo con le guardie, la bandiera e il làbaro del Comune, il Console della Milizia Avv. Cav. G. Fino, i signori G. Liguori, M. Graziani, il Cav. R. Graziani, i rev. don F. Sangregorio e don R. Migliacci, il Cav. Avv. Rizzo-Corallo, il Dott. Vincenzo Fiore, medico di fiducia dell'on. Guido cui aveva premurosamente assistito negli ultimi dolorosi giorni. È disceso anche, espressamente venuto da Cosenza, il Prefetto della Provincia Comm. Dottor Agostino Guerresi.
Tra la religiosa aspettazione, l'emozione intensa e il lugubre suono d'una classica marcia funebre suonata dalla Musica cittadina offertasi spontaneamente, viene tolto quindi dal carro l'artistico feretro.
Chi può dire l'impeto del popolo che gli si accalca dattorno? Se lo potessero, tutti vorrebbero offrire il proprio braccio per sollevare e portare la bara adorata, tutti vorrebbero almeno santamente toccarla, baciarla.
A stento il corteo, imponentissimo, si compone e si avvia come in doloroso pellegrinaggio su per la strada che mena al paese.
Precedono due guardie comunali a cavallo, la Musica cittadina, un plotone di militi, i cappellani di casa Compagna, rev. Tramonti e Migliacci. Seguono la bara, portata a braccia, i congiunti e la folla — Vengono poi su diversi camions, espressamente addobbati a lutto, le innumerevoli corone di violette, orchidee, garofani, rose, asfodeli, i cui nastri neri e viola ondeggianti mestamente all'aura mattutina sembrano dare il saluto estremo. Infine una lunga teoria di automobili, carrozze e altri veicoli. Così, lentamente il corteo si snoda per la strada battuta dal sole al ritmo dei singhiozzi e dei sospiri, tra una doppia fila di ulivi e di aranci, le cui foglie lucide hanno stille di rugiada che brillano come lacrime cadute dal cielo.
Lontano, sullo sfondo verde delle colline, si profila il turrito Castello, dimora avita dei baroni Compagna, e sembra protendersi nell'attesa dolorante, verso Colui che nelle sue sale dorate, aveva portato fiamma nuova di giovinezza e fervore di opera.
L'Apoteosi
Fin dalle prime ore del mattino sono affluiti a Villa Margherita, luogo designato, in numero immenso' i cittadini che non s'eran potuti recare alla Stazione e le Rappresentanze.
Notiamo la squadra dei nostri convittori con gli istitutori e il Censore prof. Cesare Impagliazzo; il Ginnasio con la bandiera con il Direttore prof. Fortunato Bruno, e i professori: Gallerano, Cimino, Maradea, Schiano, Marasco e Stramezzi; le scuole elementari con la bandiera col Direttore prof. N. Gallerano e gli insegnanti: signore Sapia, Borromeo, Cocola, De Bernardo, Impagliazzo, Stramazzi, Tocci, Attanasio, Rossi, Berardi, e i signori Spezzano, Borromeo E., Romano, Notaro, Guidi, Amato; la Società operaia con la bandiera; la sezione Mutilati col làbaro e il. presidente C. Guidi; la Sezione fascista con il gagliardetto e il segretario Politico Avv. Cav. Vincenzo Fino; un manipolo della Milizia agli ordini dei decurioni Rufanelli, e professor Caruso; la Confraternita dell'Addolorata, della quale l'Estinto faceva parte.
A tutto predisporre e ordinare provvedono con solerzia ed energia impareggiabili i dirigenti del corteo Dott. Luca Policastri, Avv. P. Paolo De Tommasi e Alfonso Longo.
Alle ore 9,30 giunge il Corteo.
Non si può dare un'idea nemmeno approssimativa dello spettacolo offerto da Corigliano che — madre orbata e dolente — si appresta a ricevere l'esanime spoglia del Figliuolo grande e prediletto. La penna è povera dinanzi al compito enorme, e dobbiamo aggiungere al nostro dolore anche questa rinunzia: ché dovremo limitarci a descrivere la manifestazione esteriore, anzichè esprimere il sentimento intimo e pro¬fondo del pubblico cordoglio.
La grande villa è stipata di gente, la folla si aggrappa ai luoghi più alti, si spenzola alle finestre e ai balconi, si assiepa fittissima sui marciapiedi e sulle vie.
Quando, alta nel sole, la bara avanza a stento, portata sempre a braccia, tra l'immensa calca, le anime si agghiacciano nello spasimo e la commozione solca tutti i volti di lacrime.
Interprete eloquente e felice della passione collettiva, sorge a parlare l'Avv. Luigi Gallerano il quale con parola alata e commossa, in un inno di fede e di bellezza, dà alla salma lacrimata il saluto adorante della cittadinanza."
(Il Popolano n.5 del 21 marzo 1925)

CORIGLIANO SALUTA IL SUO BARONE BENEFATTORE

LA SFILATA
A stento la vasta marea umana si ordina. Apre il corteo un manipolo della Milizia Nazionale, cui seguono le Scuole Elementari, il Convitto e il Ginnasio Garopoli, la Società Operaia, la Confraternita dell'Addolorata, due Guardie Municipali a cavallo, la Musica cittadina, il Clero al completo, i Parroci. S'avanza quindi il feretro di noce a forma di sarcofago adorno di artistiche borchie d'argento, sempre portato a braccia. Seguono i congiunti dell'Estinto, circondati da il Duca di Bovino, il Duca di Sermoneta, il Marchese Emilio di Campolattaro, il Barone Federici, il Barone Labonia, il Prefetto Comm. Guerresi, il Sottoprefetto Cav. Sestili, il Console della Milizia Avv. Cav. G. Fino, il nostro Sindaco Avv. Caracciolo, il nostro Segretario politico del Fascio Cav. Avv. V. Fino, il R. Commissario del Comune di Rossano, il Gr. Uff. Ignazio Pisani, il Tenente dei RR. CC. sig. Prosfino, il Maresciallo sig. Di Lorenzo. Tien dietro un folto gruppo di notabili, fra cui: l'avv. Sanseverino da Cosenza in rappresentanza della Federazione provinciale fascista, il dott. G. loele, in rappresentanza dei fratello on. Francesco e della S.A.I.C.. gli avvocati F. Tocci e M. Minnicelli per il Foro di Rossano, il Cav. Avv. Giovanni Carbone, tutti da Rossano; il Conte Giannone, il sig. A. Falcone anche in rappresentanza del Comune di Acri e di quel Sindaco Sprovieri, il sig. G. Salvidio, tutti da Acri; la nostra Giunta Municipale al completo; i Baroni Scipione, Riccardo, Nicola e Pasquale De Rosis; il cav. Avv. V. Fino, anche in rappresentanza del Comune di Calopezzati e di quel Sindaco cav. Graziani, il dott. V. Fiore, anche in rappresentanza del comm. dott. Demarco presidente dell'ordine dei sanitari .della provincia, il prof. D. Gallerano anche in rappresentanza della Sezione magistrale e del Patronato scolastico, l'Ispettore forestale Cav. Storti, il dottor Ciriaco Bruno in rappresentanza del la Società «La Quercia». E mille altri di cui ci sfugge il nome tra una moltitudine infinita di cittadini d'ogni classe e d'ogni partito, confusi in una mirabile comunione di spiriti. Non mai tanta concordia di anime come dietro a questo feretro coperto di fiori.
L'offerta suprema
Così, lento, solenne, fra due fitte ali di popolo che, commosso ed in silenzio, assiste al passaggio della salma come alla celebrazione d'un rito sacro, procede il funebre corteo. E quando sbocca nell'antica e vasta piazza dell'Acquanova, questa n'è d'un subito gremita. Alla folla che s'accalca e s'addensa, parla quivi l'avv. C. Guidi, il quale rievoca illustra ed esalta degnamente le virtù dell'Estinto. Parla dopo il Prefetto della nostra provincia Comm. A. Querresi. Con frase eletta e commossa porge alla bara lacrimata il saluto estremo dei Fasci e della Provincia che lo volle e lo ebbe fra i suoi rappresentanti migliori. Rievoca Guido Compagna nella molteplice attività di gentiluomo e di uomo politico, di benefattore e di finanziere. Il silenzio che grava su tutti è rotto da una voce che s'alza tra la folla di dietro la bara, come un disperato richiamo. È il grido angoscioso dello zio dello Estinto, Barone Alfonso Compagna, il quale con voce rotta dai singhiozzi, ringrazia oratori e cittadinanza e affida al popolo, a nome della madre, folle di dolore, la spoglia esanime del dilettissimo Guido. E queste parole son coronate da uno scroscio unanime di pianto. La suprema offerta preziosa è accolta dal popolo che se ne sente degno. Così è suggellato ancora l'antico patto d'amore fra Corigliano e Casa Compagna. Il corteo, più mesto, percosso nell'anima, sfila pel Corso Principe Umberto e per Piazza V. E. ove si unisce ad esso S. E. Monsignore Scotti Arcivescovo di Rossano con alcuni canonici della Cattedrale.
Al Castello
Si giunge così al Castello. Darle antiche porte spalancate viene un alito gelido di morte che s'abbatte su tutti e tutti agghiaccia. I congiunti dell'Estinto hanno sul volto i segni d'un tormento inesprimibile e nello sguardo una cupa fiamma che rivela lo schianto dei cuori sanguinanti. Così la folla! — Tutti sentono in quest'attimo supremo gravare sull'anima la mano fiera del destino: l'avita dimora centenaria, l'asilo d'ogni gioia e d'ogni pietà, è oggi la meta d'un pellegrinaggio tristissimo, il calvario del comune dolore! Ivi, in gramaglie, ad attendere, è - personificazione ed espressione dell'anima coriglianese- la Duchessa di Bovino. Ella riceve il feretro che vien quindi deposto nella cappella gentilizia severamente parata a lutto dall'artista F. Policastri, e illuminata dalle tristi fiammelle di innumerevoli ceri. Gravi, solenni, a cura del Comune sono celebrati quindi i funebri riti da S. E. Monsignor Scotti, che impartisce infine la benedizione. Sull'artistica bara sono deposte, pegno d'amore, la fiorita croce di violette mammole della derelitta madre lontana e il ricco cofano dello inconsolabile fratello Peppino, cui un improvviso malore non ha concesso di recarsi qui. E dattorno, sin nell'ampio vestibolo che n'è tutto pieno, ancora fiori, tanti fiori! Le corone, tolte dai camions, sono state qui deposte. Sono innumerevoli; a pena abbiamo potuto notare: quelle della madre, delle sorelle Rosaria e Carmen, quella del nipotino Francesco, del fratello Luigi, del fratello Peppino, della sorella Antonietta e figlio, del fratello Renzo, del fratello Piero, degli zii Isabella e Alfonso, del fratello Mario, della principessa di Castagneto, della contessa Giulia Pavoncelli, del «Mattino» di Napoli, dei fratelli Scarfoglio, dell'On. Mar. Bondì, del Marchese Martucci, del conte Pavoncelli, della famiglia del conte Volpi, del principe di Gerace, del principe Ruffo, di Antonio Nunziante, di Lilia Patania, della Banca Nazionale di Credito, del Municipio di Corigliano, del prof. Nicola Gallerano; quelle della Famiglia Dragosei, della Banca Popolare di Napoli, della Banca Cattolica di Calabria, di Sua Eccell. Profess. Luigi Fera, dell'Avv. Francesco Tocci, della famiglia Lettieri di Napoli, di Leonardo Gentile, di Edgardo Pinto, della Società Bonifiche del Mezzogiorno, dei ferrovieri della stazione di Co-rigliano, della Sezione Magistrale di Corigliano, del Convitto Garopoli, del Casino d'Unione di Rossano, dei fratelli Berger, della Confraternitri dell'Addolorata, del Casino d'Unione di Corigliano, del Circolo Juventus, del Cav. Francesco Graziani, di Alfonso Longo, di Giacinto Pisani, della Famiglia Attanasio, del Cav. Ruggiero Graziani, di Francesco Malena, della Famiglia Liguori, della Congregazione di Carità, de Il Monitore della Famiglia Fino, dell'Associazione dei Mutilati di Corigliano, della Famiglia Abenante, del Barone Labonia, della Commissione di S. Francesco, del Dott. Vincenzo Fiore, del Cav. Francesco Policastri, dell'On.le Philipson del Patronato Scolastico del Gruppo d'azione e infinite altre.
Il mesto pellegrinaggio
In un angolo a pie' de l'ampia scalinata, vien posto su di un tavolo, un registro che in brev'ora è tutto coperto di firme. La mesta cerimonia, per il giorno di sabato, è finita. Ma la folla si attarda ancora nell'atrio del Castello come se un legame indissolubile tenesse avvinti tutti i cittadini alla spoglia esanime dell'Eletto Scomparso. C'è in ogni anima, in tutt'i cuori ancora frementi, qualcosa che vuole erompere e non sa: come il bisogno di esternare in modo più solenne e tangibile il proprio cordoglio e il lutto infinito. E la folla, senza tregua, in un andirivieni incessante, per tutto il pomeriggio e la sera, fino a tarda ora, si reca al Castello. Sembra il giovedì santo. Sono contadini reduci dal lavoro, vecchi, fanciulli, donne del popolo, signore in gramaglie, che in lunga teoria, vanno a rendere il tributo d'amore all'illustre Estinto e a pregare pace all'anima eletta. Intorno alla bara è passata tutta
Corigliano, fra un murmure sommesso di preci, in un anelito di devozione.
Spettacolo veramente grandioso che commuove ed esalta!"
(Il Popolano n. 5 del 21 marzo 1925)

"Il 2° giorno di passione
Domenica — Il popolo si appresta a vivere, più compreso e penetrato del suo dolore, questa seconda giornata tristissima. La città è ancora ammantata di lutto, e si nota per le vie gran movimento di persone. Sono le popolazioni rurali, venute da lontano a portare il saluto della terra feconda al Grande Scomparso. Meta di tutti è il Castello, ove sin dalle prime ore del mattino, solenni messe sono celebrate. Alle ore 10, il corteo si compone nell'ordine di ieri, e s'avvia lentissimo. La bara, sempre portata a braccia, s'avanza verso il cancello. lo varca. Il popolo piange: Guido Compagna ha lasciato per sempre la sua Casa e s'avvia verso l'estrema dimora! In piazza del popolo la folla so-sta e s'ammassa compatta. E l'ora dell'ultimo congedo. Nel silenzio che impera solenne, il primo cittadino di Corigliano, Sindaco Avv. Caracciolo, leva alta la sua voce di pianto a dire degnamente dello Estinto, a porgergli con parole strazianti il saluto della città. Parla poi l'on. Joele che in tono di preghiera, commosso e piangente, porge l'addio estremo, a nome anche dei colleghi onorevoli della Deputazione Calabrese. A nome anche della direzione del partito fascista, parla quindi il Console della «Legione Bruzia», Cav. Avv. G. Fino. La sua voce fra la commozione e lo schianto del cuore, s'eleva alata e sicura sulla moltitudine e vibra in un impeto di alta passione. Parole indimenticabili con cui il popolo ha dissetato l'anima sua disfatta, poi che l'oratore, premio santo alla fede e al dolore dei Coriglianesi, giura, a nome della famiglia dell'Estinto, sul feretro che il sole glorifica col suo bacio puro, che l'antica tradizione di pietà e di amore di Casa Compagna non è morta con Guido, ma continuerà per opera dei fratelli che saranno i fedelissimi interpreti degli eletti sentimenti di Lui. Per ultimo il prof. Raffaele Amato legge, fra l'attenzione di tutti, una lettera a lui diretta dall'Estinto, per meglio illustrare la grande opera di beneficenza che Questi aveva in animo di compiere. ll corteo, visto lentamente procedere da l'alto del Ponte Canale, offre uno spettacolo imponentissimo. Da Piazza del Popolo a Villa Margherita è una folla enorme che si muove a stento.
Verso l'estremo asilo
Prima che il corteo lasci la città ancora una voce commossa porge un ultimo saluto alla salma augusta. Il prof. Domenico Gallerano, già educatore di Guido Compagna. trova gli accenti del più disperato cordoglio per esprimere con nobilissime parole, il suo addio.
11 corteo s'avvia verso la Schiavonea.
Non una persona ha rinunziato a seguire il feretro sulla interminabile via. Sono gli stessi volti angosciati di ieri, di stamane, le stesse persone che trascinano sulla via faticosa il loro muto dolore.
Di tratto in tratto la Banda cittadina intona commoventi marce funebri. Null'altro turba il silenzio grave e solenne che incombe nell'aria tersa e tranquilla.
E la folla immensa va, sempre a piedi, sempre ordinata, in corteo maestoso, sotto il sole, dietro la bara cui dai campi vicini la terra ferace, dai solchi profondi, esala, come da un turibolo, l'offerta dei suoi mille aromi penetranti.
Sul rettilineo di Via Marina attendono in ginocchi, con alla testa il bravo Roti Vito, i forti e buoni pescatori. Essi, estremo attestato di devozione e di cordoglio, contendono ai cittadini di Corigliano l'onore di portare la bara. E questa è affidata alle forti braccia che san¬no lo splendore del sole e il fremito della tempesta, mentre, di tratto in tratto, s'ode lontano l'eterna voce possente del mare che fa eco al comune dolore.
Così. alfine, si giunge alla Chiesa della Schiavonia, i cui ricchi marmi sono addobbati severamente a lutto.
Nella triste penombra, rischiarata a pena dai mila ceri fra cui la bara vien deposta, spicca l'Angelo del Jerace che col gesto ampio accenna alla tomba che attende.
La folla s'accalca nella Chiesa e riempie tutto il vasto piazzale esterno. Sono celebrate intanto le pietose funebri funzioni. Il supremo attimo terrificante è giunto: sono le 13,15, quando fra lo strazio di tutti e lo spasimo dei fratelli che si sono aggrappati disperatamente alla bara, dalla quale sono strappati con dolce violenza, il feretro è inumato in un loculo della tomba di famiglia.
I congiunti, disfatti, sono portati a braccia fino all'automobile con la quale fanno ritorno in città.
La triste cerimonia è finita. Ma, sfida all'avverso fato, la Tomba re¬sta, di fronte al mare infinito, come un Monumento solenne a cui nei giorni desiosi di concordia e di pace cittadina converremo per ap¬prendere a vivere.
Tra la schiera eletta delle signore che, nei due giorni del gran lutto si son recate in pio pellegrinaggio al Castello per visitare la salma e questa han seguito col corteo, abbiamo potuto notare, oltre alla Duchessa di Bovino, le signore Vittoria, Nicoletta e Clelia Fino, la signora Teresa Gallerano, la signora Anna Tricarico, la signora Bianca Gallerano, la signora Linda Varcaro, la signora Elisa Attanasio, la signora Maria Storti, le signore Rosina e Teresa Quintieri, la signora Giuseppina Rizzuti, la signora Antonietta De Tommasi, la signora Rosina Moio, la signora Liguori, la signora Adalgisa Dragosei, la signora Giuseppina Salatino; le signorine: Ida e Adele Graziani, Silvia Milano, Carmen Maradea, Carmen Salatino, Ida e Jolanda Arnoni, Luigina, Antonietta, Elena e Idea Dragosei, Liguori e moltissime altre.
Adolfo G. Donadio

Prima di lasciare Corigliano il barone Luigi Compagna, anche a nome della Famiglia tutta, ha diretto al nostro Sindaco la seguente lettera:
Corigliano Cal. 15 marzo 1925.

 

Pregiatissimo sig. Sindaco,
E con cuore profondamente grato che a nome della famiglia tutta e mio mi permetto pregarla, perché si compiaccia di ripetere alla cittadinanza di Corigliano la nostra viva riconoscenza ed imperitura gratitudine per il modo con cui ha voluto rendere alla salma del nostro adoratissimo Guido una testimonianza così spontanea ed affettuosa che ha legato sempre più i vincoli della nostra devozione filiale alla nostra cara Corigliano.
Voglia gradire, sig. Sindaco, a nome mio e di tutta la famiglia i ringraziamenti personali per quanto Ella ha saputo fare.
Ossequi.
Luigi Compagna"
(Il Popolano n. 5 del 21 marzo 1925)
La foto è del fotografo Alfonso Martino