Antonio Toscano

A Corigliano nacque nella strada, che ora porta il suo nome, il 22 gennaio del 1774, in una famiglia facoltosa ed illustre, nonché numerosa e concorde. Dalla madre, donna virtuosa, ereditò la cortesia dei modi; dal padre, avvocato ed amante della libertà, apprese la vivacità del pensiero. Il biondo dei capelli e l’azzurro degli occhi lo resero d’aspetto piacevole e, in certo modo, misterioso.

Il periodo trascorso a Napoli, dal 1787 al 1792, per trasferimento colà della famiglia, fu per Antonio Toscano determinante. Spirito libertario, infatti, s’incontrò naturalmente con gli ambienti massonici e generosamente li animò anche e li propagandò.

Quando i Toscano ritornarono in paese, a seguito della morte del padre, la famiglia, tutti d’accordo, volendo contenere gli entusiasmi repubblicani di Antonio, ormai sin troppo manifesti, lo affidò a Luigi Rossi, precettore, e, nel contempo, lo propose al sacerdozio. Al voto sacerdotale Antonio non giunse mai, per difetto di vocazione; col Rossi, invece, del quale ancora la gente non conosceva gli ideali rivoluzionari, fondò a Corigliano, nel 1793, la Loggia massonica “La sala di Zaleuco”. E tanto si legò al Rossi, che, quando questi, scoperto nei suoi disegni eversivi, dovette riparare a Napoli, il Toscano lo seguì, nel 1795, e con lui finì anche in galera dal ’96 al ’98.

Scarcerato, ridiscese a Corigliano, ma, qui, senza l’affetto della madre, nel contempo deceduta, dovette sentirsi non più a casa. Perciò, acconsentì all’affettuoso, ma pressante invito del fratello, di portarsi a Cosenza, per completare gli studi. Il suo destino, però, era ormai già segnato e la nuova amicizia con Francesco Saverio Salfi, sacerdote e massone, lo rese più chiaro. Così, quando da Cosenza partì una squadra di volontari in difesa della sfortunata Repubblica Partenopea, il Toscano fu con essa e a lui, anzi, venne affidato il comando dei 150 legionari calabresi, a presidio del fortino, sfortunato e glorioso, di Vigliena, alle porte della martoriata città di Napoli.

Sul far della sera del 13 giugno 1799, le truppe borboniche del Cardinale Ruffo posero l’assedio al forte e per gli eroici difensori, dinanzi all’esuberanza numerica degli assalitori, non vi fu scampo. Si combattè senza risparmio di forze, d’ambo le parti, poi, il Toscano, quando s’avvide che la fine era prossima per sé e per i pochi compagni ancora superstiti, si trascinò, ferito, alla polveriera e, come già il piemontese Pietro Micca a Torino nel 1706, v’appiccò il fuoco.

Lo scoppio distrusse la fortificazione e seppellì insieme vincitori e vinti. Rimase salvo soltanto tale Vincenzo Fabiani, che, da testimone, poté, in seguito, raccontare l’eroica vicenda. Erano le ventitrè circa e per il nostro eroe era il suo giorno onomastico. Aveva appena 25 anni.

Oggi, Antonio Toscano è tra gli uomini più cari alla memoria dei Coriglianesi, i quali, orgogliosi, hanno voluto onorarlo con una lapide posta nella sala d’ingresso del vecchio Municipio, nonché intitolandogli una strada ed una scuola media, nel centro storico della città. Altri Comuni per siffatto figlio avrebbero eretto un monumento più grande.

Foto: (Calco sulla porta della Sala di Zaleuco raffigurante un albero di olivo)

 

Fonte: Giulio Iudicissa libro Coriglianesi.

Profilo di un eroe : Antonio Toscano

Ricordo di un protagonista della rivoluzione napoletana del 1799,morto per aver fatto saltare il forte di Vigliena,assediato dalle truppe del cardinale Ruffo

 

La rivoluzione napoletana del 1799, a cui aderirono gli spiriti più eletti della nuova classe borghese meridionale, fu ispirata agli ideali di libertà e democrazia che dalla Francia rivoluzionaria si andavano lentamente affermando in Europa. L'esperienza rivoluzionaria del '99, breve nella durata, ma intensa e significativa nella storia delle idee, fu voluta, sostenuta e vissuta con coraggio, entusiasmo e volontà senza limiti, da spiriti illuministi e giacobini che, in nome di superiori principi umani e sociali, erano decisi anche a rinunciare alla propria vita. Tra i giovani calabresi che presero parte ai destini della vita del movimento partenopeo, occupa un posto non irrilevante Antonio Toscano. Nato a Corigliano da Pasquale, avvocato, e da Geltrude Passavanti il 22 gennaio 1774, viene battezzato il giorno successivo nella Chiesa di S. Maria della Piazza dal rev. don Pasquale Greco, coadiutore dell'arciprete Carlo Maria Monterà col nome di Antonio Maria Giuseppe; padrini di battesimo sono Pasquale Melingeni (sacrista) e Serafina Volpe (ostetrica). La famiglia Toscano (o Toscani) si era trasferita in Corigliano da Cosenza agli inizi del '700. Antonio vive la fanciullezza con 7 fratelli e 4 sorelle. A 18 anni si reca a Napoli, dove il fratello maggiore, Francesco, esercita l'avvocatura. E' qui che avviene la svolta fondamentale della sua vita. A Napoli, Antonio entra nella società segreta, di ispirazione giacobina, fondata dall'abate calabrese lerocades e conosce, perciò, gli spiriti liberali più illuminati della cultura napoletana e calabrese dell'epoca. Dopo la morte del padre (1792), Antonio è costretto a tornare a Corigliano su sollecitazione della madre, la quale crede che - lontano da Napoli - il figlio abbandoni le "pericolose" idee di cui si è imbevuto durante il soggiorno nella capitale del regno. A Corigliano la direzione della famiglia viene presa dal fratello Alessandro, borbonico e reazionario, intento solo alla buona amministrazione dei non cospicui beni della famiglia. Nel paese natio, Antonio vive una nuova intensa stagione formativa, che lo illumina sul significato da dare in futuro alla sua vita. Affidato alle cure di un dotto maestro, Luigi Rossi di Montepaone, Antonio Toscano ha l'opportunità di approfondire le motivazioni delle sue scelte giovanili. Il Rossi, chiamato in Corigliano dal duca Saluzzo per educare il fratello minore, Filippo, è uno spirito liberale, legato agli ambienti più evoluti della capitale e della regione. In Corigliano, il Rossi nel 1793 fonda con Antonio Toscano e altri giovani, nel rione detto "Citatella", un circolo o "club" patriottico, di ispirazione massonico-giacobina, detto "Sala di Zaleuco". Proprio in quegli anni, la madre chiede al figlio Antonio di indossare l'abito talare (occorre precisare, tuttavia, che il Toscano non diventerà mai prete). Informato delle idee del Rossi, il duca Saluzzo lo allontana da Corigliano; nel contempo, Alessandro Toscano manda il fratello a Cosenza per proseguire gli studi. Cosenza in quegli anni è un focolaio vivo di idee liberali, grazie soprattutto agli insegnamenti (segreti) del poeta Francesco Saverio Salfi. L'incontro col poeta e pensatore cosentino è per Antonio fondamentale: il Salfi diviene ben presto la guida spirituale del giovane Toscano. Quando Napoli, nel gennaio del 1799, proclama la Repubblica, il Toscano e il Rossi corrono nella città partenopea per difendere quelle idee che ormai sono parte vitale della loro formazione. Antonio, nominato capitano della Legione Calabra, ha il compito di difendere il piccolo forte di Vigliena, posto lungo la costa tra S. Giovanni a Teduccio e Napoli. Con una guarnigione di 15 calabresi, il Toscano resiste valorosamente per circa un giorno alle incalzanti truppe di "Santa Fede" del Cardinale Fabrizio Ruffo di S. Lucido e ad un contingente di soldati russi. 11 Toscano e i suoi soldati oppongono un'accanita resistenza alle truppe nemiche, ma verso le ore 23.00 tutto sta per consumarsi. Antonio Toscano, pur ferito, si trascina allora fino alle polveri del fortino e vi appicca il fuoco, saltando in aria con i suoi compagni (se ne salvano solo due) e con i nemici. Il suo maestro, Luigi Rossi, viene impiccato nei giorni seguenti in piazza Mercato. Il sacrificio di tante vite umane, tuttavia, non è inutile. Cade la Repubblica, ma le idee portate avanti dai suoi uomini migliori saranno linfa vitale nei decenni successivi per quei patrioti che guarderanno con spirito nuovo ai destini dell'intera Penisola.                                             (Serratore 57/1999)

Scheda di Battesimo:

Antonio Maria Toscano nacque in Corigliano il 22 gennaio 1777, dal Molto Magnifico Pasquale Toscano e dalla nobilissima Geltrude Passavanti; fu battezzato in questa Arcipretile Chiesa di S. M. della Platea il 29 dello stesso mese ed anno, e gli fu dalle mie proprie mani amministrato il Sacramento del Battesimo, e gli furono imposti i nomi di Antonio Maria Giuseppe.

Firmato Arciprete Montera.

Antonio Toscano, il Pietro Micca coriglianese; racconto di Martino A. Rizzo

Tutti hanno studiato sui libri di storia le gesta di Pietro Micca (1677-1706), il soldato minatore nell’esercito piemontese che morì durante l’assedio di Torino. La capitale del regno sabalpino era stata assediata dai francesi e nella notte tra il 29 e il 30 agosto 1706 una squadra di granatieri era riuscita a penetrare in una galleria sotterranea con l’intento di arrivare alla Cittadella per farla saltare e indebolire così la difesa sabauda. Pietro Micca, che era di guardia, considerato che non c’era altro modo per fermare con immediatezza gli assalitori, che ormai erano sul punto di sfondare la porta e quindi di entrare in città, allontanò il compagno che era con lui e diede fuoco alla miccia dell’esplosivo che lì si trovava, provocando il crollo dell’accesso e bloccando il passaggio dei nemici. Non essendoci tempo da perdere, Micca utilizzò una miccia molto corta, con la consapevolezza che in tal modo sarebbe crollato tutto e subito, provocando anche la sua morte oltre a quella degli assalitori.

Non molto diversa è la storia di Antonio Toscano, rivoluzionario coriglianese. Era nato il 22 gennaio del 1774 da Pasquale e Geltrude Passavanti in una famiglia facoltosa e illustre. Spirito libertario, quando da Cosenza partì una squadra di volontari per difendere la sfortunata Repubblica Partenopea, Toscano si aggregò e gli venne affidato il comando dei centocinquanta legionari calabresi messi a presidio del fortino di Vigliena, alle porte di Napoli.

Atto Vannucci nel suo libro “I Martiri della Libertà Italiana” del 1872, racconta: «A poca distanza da Napoli nelle vicinanze di Portici era il piccolo forte di Vigliena a difender la costa. Ivi avvenne caso stupendo e degno di andare insieme coi fatti immortali di cui favellano le storie degli antichi popoli liberi. Era difeso da centocinquanta calabresi, preti, laici, nobili, plebei, tutti uomini amantissimi di libertà, e fermamente risoluti a morire per essa. Il prete Antonio Toscano li comandava, e per grandezza di animo era degno di presedere a gente che diceva: Noi cerchiam morte: darla o riceverla è per noi tutt’uno: solo vogliamo che la patria sia libera, e noi vendicati».

La sera del 13 giugno 1799 le truppe del Cardinale Ruffo, fedeli ai Borbone, assediarono il forte e i difensori, inferiori nel numero e pur combattendo senza risparmiarsi, non ebbero scampo. Pertanto, continua il Vannucci, «tutti si accorsero essere impossibile resistenza più lunga, tutti aborrivano di darsi in mano a uno scellerato nemico. Perciò il comandante Antonio Toscano interpretando il volere dei suoi prodi compatriotti, trascinandosi ferito com’era al magazzino della polvere vi messe fuoco invocando Dio e la libertà, e fece di sé e de’ suoi solenne vendetta. Con scoppio terribilissimo saltarono all’aria i vinti coi vincitori: più centinaia morirono oppressi dall’immensa rovina che agli abitanti della vicina città parve scoppio di tuono o di vulcano». Vannucci nel suo testo sui martiri della libertà italiana accomuna il Toscano a Luisa Sanfelice, ai fratelli Bandiera, a Pasquale Baffi, a Filippo Buonarrotti e a tanti altri nomi famosi del Risorgimento.

Giuseppe Arcangeli, poeta ottocentesco, gli dedicò un’ode: «All’armi all’armi; il porporato mostro / Ministro iniquo di più iniquo Re, / Su noi si avventa e sopra il sangue nostro / Colle masnade della Santa Fe. / All’armi all’armi: e disse e co’ suoi cento, / Toscano come folgore piombò / Sui mille regi sgherri, e in un momento / Gli respinse, gli ruppe, gli fugò. / Che pro? L’orda crudel cresce, raddoppia, / Vigliena assale: inutile è il valor. / Consiglio orrendo! arde la polve e scoppia, / Balzano in aria i vinti e i vincitor. / Salve, o Toscano, o Martiri salvete; / Un grande esempio a noi deste quaggiù, / Negli italiani cantici vivrete / Finché in terra si onori la virtù». Ma Antonio Toscano, oltre che da Vannucci e da Arcangeli, è stato ricordato anche da Carlo Botta, da Pietro Colletta e da tanti altri.

 

A Napoli, nel Castello del Maschio Angioino, la statua del coriglianese Antonio Toscano, eroe della Repubblica napoletana, realizzata da Francesco Jerace, accoglie simbolicamente il visitatore e precede l’esposizione delle cinquantotto sculture della collezione Jerace presenti nel maniero.

Ti suggerisco di leggere un interessante articolo di Francesco Grillo del 19 novembre 1959, pubblicato sulla seconda pagina del Cor Bonum n.24 (31-12-1959).

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