Dalla rete

Sentita in un bar del Centro Storico: __"M'àni mannèti i paghèri nu cugnu i gacqua, senz'nn'avìri, cami jiri a ri canèli i ru macelli pir'a pijeri. Unn'ani capiti ca na stemi appuzzanni i'ra famatica c'avìmi .." Gli fa eco un altro avventore: __"Si crìrini ch'i sordi i jèmi zappèmi. Cu 'sta pionica chi curra, i sordi ci jemi pièmi a'nnili!"... e - dicendo questo - fece un eloquente gestaccio, che non si riferiva né ad una persona di Rossano, né tanto meno al fiume dell'Egitto.

(Carlo Caruso)

Sentita in un bar del Centro Storico:"Ci hanno mandato un grosso pagamento per il consumo di  acqua, senza consumarla, perché per averla dobbiamo andare alle fontane pubbliche del macello. Non hanno capito che stiamo morendo di fame..." Gli fa eco un altro avventore: " Si credono che abbiamo tanti soldi. Con questa crisi, il denaro glielo prendiamo col cavolo(leggi c****)"... e - dicendo questo - fece un eloquente gestaccio, che non si riferiva né ad una persona di Rossano, né tanto meno al fiume dell'Egitto.


Da bambino. ..mi ricordo che quando facevamo un baratto o una vendita con un coetaneo...si usava strapparsi un capello e poi lo si soffiava per disperso nell'aria e nel mentre, si pronunciava questa frase:

Capilli miji vatinn’a ru mèri

E quanni ti vuogghji

Ti mann’a chiamèri

Questo rituale serviva a definire il contratto...infatti a priori del patto si diceva: " tiramini u capilli". (Antonio Amica)

Per sottolineare l'infallibilità papale e quanto credito si riponesse in essa, per spaventare i bambini (allora si usava educare incutendo paura) si declamava: "Ha ditti u pèpi santi unn ccrìsciri cchjiù di tanti" (il papa ha detto che non devi crescere più di questa altezza) e contemporaneamente si alzava una gamba, che si faceva passare sul corpo della persona che - per un motivo qualsiasi - si era abbassata. (Carlo Caruso)

Sumi frichèti a jiuorni. Si usava quando la fregatura era evidente e senza vie di uscita. Essere fregati al buio, di notte,si poteva in qualche modo accettare, ma di giorno, no! (Gerardo Bonifiglio)

Quando una persona aggredita verbalmente o messa davanti ad un evento inaspettato raccontava successivamente l'episodio diceva :"Un sugni riusciti a 'nghjrmiteri manchi 'na parola. Il termine 'nghjrmiteri" potrebbe avere a che fare con germogliare.(Gerardo Bonifiglio)

(Rinaldo Longo) "nghjirmiteri" (o "nghjiermiteri") vuol dire emettere, tirar fuori, ma anche "indovinare" e a volte 'comprendere'. Credo proprio che tu abbia ragione Gerardo, ma il riferimento più che germogliare (dal basso latino "germulus") vada al suo antenato "germinare" (dal lat. "germen") che significa produrre, mandar fuori, emettere.

(Gerardo Bonifiglio)

Quando non si aveva più voglia di interloquire con una persona logorroica, la si apostrofava con una di queste frasi, oppure con tutte e due contemporaneamente: "Un parrèri assèj ca si no ti ghescia ra vozza"... "E chi tieni? A pipìta i ri gallini?"

(Carlo Caruso)

Così Maria Funaro spiega sulla rete come avvenivano una volta i pittoreschi litigi tra due donne :

 

Quanni si scirravini a ru vicinanzi rua vicini, i scerri duravano jurnete intere, quanni a viini chjurire i finestre mintiviini u pisciaturi a ra finestra e ricivini : te' mmo scerriti cu ru pisciaturu.

Come voi sapete nella nostra Corigliano ogni anno si svolgono due fiere, ‘a fera 'i mejira fera 'i ri muorti. Nel passato in quei giorni era florido il commercio  'i ri ciucci. Questo lo svolgevano i zinghiri. Certo era possibile che nella compravendita o scambi di animali si verificassero vere ‘mprosature (imbrogli). Tra noi giovani girava questa espressione con cui il venditore spierti vantava, ad un possibile acquirente achitreni (di Acri), il suo asino viecchji, scianchèti e ccu ri contri 'i sutt'u mmasti che, solleticate da qualche erba secca spinosa, lo facevano sembrare abbastanza aitante se montato: "oji
Angiulu, chisti ghè ciucci, sienti a mmija, pijatilli! Ncapu l'irti, ccu qquattri sacchi vacanti e qquattri senza menti, nchjena ccumi 'n'accirenti!"
 

(Giuseppe Pellegrino)

Il suono delle campane oltre ad essere un suono di festa e di raduno, per alcuni , specie se abitano nelle vicinanze è motivo di disturbo. Proprio per questo è nata questa filastrocca: '' Santa campana Santa, chini ti sona si rumpissa n'anca, si ghè ru prieviti i Missa u nni vo ddiri chiu' di chista, si ghè ru sacristani un'bbò capari fini a dumani.''

(Giorgio De Rosis)

Quando si voleva rimproverare una persona calma, ma soprattutto lenta nei movimenti, le si diceva : ... e maniӓti. Assimigghjә ca sta purtanni l'acquә ari muorti.

Breve lirica in vernacolo coriglianese.Per i più giovani volevo ricordare che verso la metà degli anni '50 la Resurrezione avveniva di sabato mattina e non di domenica come ora. In concomitanza della gloria, i ragazzi trascinavano per strada un mucchio "i rametti" sul lastricato ancora "i petri i jumera" per fare rumore ed i segno di gioia.

A Simena Santa

U juovi santi si giravini i sibburchi
pripareti ccu tutti i lavurielli.
U venniri era juorni i pinitenza
e manchi si putija cammareri,
a mmatineta ghiscivini i vattienti 
ccu na musica appriessi 
chi suneva a taluormi.
Tutti i campeni ristavini muti
e suli a grancascia putija suneri.
Puri u cieli s’arravugghjeva 
e paria ca trivuli facija.
U sabiti matina era ‘nna festa 
E tutti i campeni sunavini a groria.
‘Ntra tutti i vicinanzi si sintija
u strusci i ri rametti srascineti, 
e chini avia puri u zurri-zurri 
u facia gireri ccu alligria.
Pisaturi, culluri e jascarelli 
Gherini a gioia i tutti i famigghjelli.
Pu su arriveti i “Colombi Pascheli” 
e r’è finita puri a tradizioni.
Mo vuva mi riciti ca non tutti ghè bberi,
e bi puozzi puri reri raggiuni.
I viecchi su nu pochi rucculanti
e parrini sempri i ri tiempi passeti.
A viritè però, a sacci ghia :
un ne né Paschi e nè Bbifania
forse è suli nu pochi i nustargia,
o puri ghe sulamenti a giuvintù 
ca ssinne juti e ru bbena cchiù.

Di Gerardo Bonifiglio