Francesco Maradea

Opera Omnia

NOSTALGIA

 

Nuvole bianche e azzurre, o quiete navi,

Che trascorrete lo splendor del giorno,

Come portaste in grembo alme soavi

Che vadano a diporto;

 

Voi le terre passate e il largo mare,

In vista sempre di lontani lidi;

Oh fossi nube anch'io, per navigare

Verso un leggiadro eliso!

MERIGGIO AFOSO

 

Piacemi, estate, ne' tuoi vespri ardenti

Veder le nubi, che, dal mar levate,

Nel vasto cielo svolgono, silenti,

Le tele sterminate.

 

E miro di città cupole e torri

Foreste e laghi, ed isole rosate;

E tu, anima mia, lieta vi scorri

Con ali dispiegate.

DALL'ESILIO

 

Questi vostri fantasmi, o nubi candide,

Ch'erran pensosi il cielo estivo, sembrano

Numi d'età remote in vesti olimpiche,

Al vecchio mondo rèduci.

 

Passano gravi, e sopra il mar si schierano,

Accesi al sole di fulgori e palpiti;

E agli occhi umani svolgono le favole

Dei tempi che sparirono.

LUI

 

Queste che sembran scompigliate nuvole,

A cavallo dei venti, oh son le Furie,

Che dalla Terra il sanguinario cacciano

Guglielmo verso l'Erebo.

 

Ivi lo attende sul suo trono Nemesi

Colla sentenza in pugno. Ei che di popoli

Tradendo Cristo per Odin, fe' scempio,

Eterno avrà il supplizio.

TRAMONTO TRAGICO

 

Corron le navi delle fosche nuvole

Nel mar dei venti procelloso, e fumano :

A quali plaghe i lor perversi dèmoni

Scateneranno i fulmini?

 

Crollan le selve sbigottite i vertici,

S'abbrunano le valli, e quelle muovono

Verso Pollino in rotta, ove mitragliano

II sole, che precipita.

L'ADDIO

 

Addio, Ninetta, debbo partire:

Quanto dolore porto con me!

Vado lontano, forse a morire

In una terra, lungi da te.

 

Addio, Ninetta: del nostro amore

I sogni belli son dileguati...

Ora nei petti resta il dolore,

E la memoria dei tempi andati.

 

Addio, ma quando mugghiano i venti,

A mezzanotte, sopra il Tirren,

Tu ti ricorda dei miei tormenti,

Ed un sospiro mandami almen!

PLENILUNIO

  

Pascono l'ombre, nel chiaror lunare,

Vigili al cenno dell'inquiete piante;

II fiume con un suon d'arpa tremante

Mormora una canzon, che porta al mare.

 

Dorme il villaggio sopra il colle, e pare

Un cumulo di gigli biancheggiante;

Lievi nubi, com'angeli di Dante,

Filan dai monti ai regni d'oltremare.

 

Odo il lor canto che vanisce, e anch'io

Vagar vorrei con quelle greggie d'oro,

Che all'estremo del ciel conduce un dio.

   

Farmi pastor sopra la Terra, e amando

La figlia di quel dio, dolce tesoro,

Di cielo in cielo me n'andrei cantando

MARINE DI SIBARI

 

Sotto del cielo, che cinereo stendesi,

Per la campagna sconsolata ed arida,

Tristi con urlo di trionfo passano

L'orde dei venti barbare.

 

Pel mare immenso, che si torce e spasima,

Isola non appar, né vela profuga;

Migrano uccelli favolosi, e sembrano

Anime senza requie.

 

Dai monti bruni, in lontananza, muovono

Con la calma del bue le fosche nebbie,

E in mezzo al verde, diradando, svelano

Un villaggetto candido.

 

Disvèlati, cuor mio: tra le memorie

Anche tu mostri una celeste immagine,

Che sugli affanni tenebrosi levasi

Com'alba solitària.

 

Surgono i sogni miei, fantasmi supplici,

E i miei pensieri a lei da un fondo baratro;

Ma sull'orrore ella trasvola fulgida

Come all'inferno un angelo.

RIMPIANTO

 

Sotto un mistico cel bianco d'estate.

Mentre montagne e mar sfumano intorno,

Di cima in cima nuvole rosate

Tessono un serto al luminoso giorno.

 

Sembran madonne pie, sembrano fate,

Che al muto sguardo mio fanno ritorno:

O della Vita immagini sacrate,

Vè la natura ancor lieto soggiorno?

 

Farmi d'avere quell'età davanti,

Quando la mamma, con istorie belle,

Ornava il mio pensier di questi incanti.

 

Or che nel mondo mi gettò il destino.

Gioie non trovo più simili a quelle,

Come l'errante Ebreo nel suo cammino.

NOTTURNO

 

Passa la tramontana, e un suon di pianto

Lascia nel tenebror del chiuso vico.

Tutto è deserto; il tuo balcon soltanto

Splende com'ara dentro un tempio antico.

 

Molla fanciulla mia col cuore affranto

Vengo alle porte tue come un mendico;

M'arde la febbre di mirar l'incanto,

Ch'hai sulla Terra, d'angelo pudico.

 

E penso ai miei prim'anni della Vita,

Quando, fra sogni e... sogni, un simil volto

Speravo ritrovar dentro un eliso.

 

Non venni io no, ma per la via smarrita

Di questo Mondo tenebroso e stolto,

Tu venisti a cercarmi, e m'hai conquiso.

ORGOGLIO

 

Io passerò con l'aure fra le chiome

Dei mari e dei tuo' monti, alma Natura,

Volando all'avvenir, dove il mio nome,

Sparso fra nuove genti, s'infutura.

 

M'infiamma il divo Sol le fibre indome,

E il genio prometèo mi trasfigura;

Salirò questo secolo, siccome

Monte che tocca il cie], sino all'altura.

 

E se la mèta, ove il destin mi sprona,

Sarà una croce, sul calvario muto

Com'altri non dirò: — Padre, perdona!

 

Ma, riguardando al suol che ho disdegnato,

Da quelle altezze lancerò uno sputo

Su questa razza vil, da cui son nato.

FUOCO

 

Morir, teco morir... stretti in un nodo

Come serpi le mie con le tue braccia ;

Arder sul petto tuo come in un rogo,

Dei miei baci struggendoti la faccia!

 

E l'inferno sfogar, che ho dentro il core,

In gemiti, in singhiozzi ed in sospiri ;

Vuotar del tutto il calice d'amore,

Ed insieme sparir da questa vita!

BELLA FATA

 

O bella fata, che pel mondo vai

Cuori rubando come fior' d'april,

Lungi dai nostri lidi ove n'andrai

Col dolce canto e il viso tuo gentil?

 

Io, perso alla magìa del tuo bel guardo,

Sogni con sogni rinnovando vo;

Dietro le note tue mi struggo ed ardo,

Ed il mio fuoco disvelar non so.

 

Se potessi tornar per questo strano

Deserto di mia vita arido, un dì,

Toccando l'ala tua colla mia mano,

Vorrei davanti a te morir così.

 

Vorrei, così caduto ai tuo' ginocchi,

Trovar quel sogno che seguì il mio cor,

E nella luce dei tuoi fulgidi occhi

L'ultimo mio desio, l'ultimo amor.

L'INFINITO

 

Notte benigna, se la Terra ascondi

Dentro il tuo manto, l'oceàn ci sveli

Dell'Infinito, e l'isole dei mondi,

E quanto sotto il sol per noi si celi.

 

Oceano inesplorabil, con profondi

Silenzi, e sempre più remoti cieli;

Che uguaglia sol d'Eternità gli sfondi,

E sperde chiunque navigar vi aneli.

 

Pur, quanti porti d'altre Terre arcane,

Dove altre genti, con febbril lavoro,

Svolgon la tela d'altre storie umane!

 

E non sapran che, vigile poeta,

Con l'anima rapita io penso a loro

Da queste estreme sponde d'un pianeta

DIPARTITA

 

Mondo, fu vana la mia vita, io vissi

Sperso ne' regni tuoi come un dannato;

La mèta non cercai coi segni fissi,

Seguito ho strane vie, tutto ho spregiato.

 

Lungi dal carcer tuo, per altri regni

Altra vita sognò lo spirto mio;

II tuo gregge non m'ebbe a' suoi convegni,

Né paùroso fui d'un qualche dio.

 

Ahi quanta speme nei prim'anni, o mondo,

E quanto tedio dopo il van desio;

Da te non vinto or libero sprofondo

Ingloriosamente entro l'obblio!

 

Lascio il mio spirto ai turbinosi venti,

E al mar selvaggio il mio protervo core;

Lascio alle stelle i sogni miei fulgenti,

E all'ampia notte il mio cupo dolore.

 

Ma dell'alba, che infiora la marina,

Mi veda l'amor mio nel dolce lume

Passar solingo a una region divina

Su per i cicli d'or, siccome un nume.

SERA NORDICA

 

Sferza borea le nubi. Il ciclo appare

Negra caverna. Negli irsuti manti

Stringonsi i boschi al soffio, ed è sul mare

Un immenso candor di greggi erranti.

 

Chiusa la gente, presso al focolare,

II borgo ha lo squallor dei camposanti;

Paion tombe le case, ed ombre rare

Per le deserte vie sono i passanti.

 

È questo, adunque, il Regno della Morte,

Dove per l'aria, d'ogni luce priva,

Piangono i venti sull'umana sorte?

 

Ed io vi giunsi navigando il mare

Dal Mondo, ch'è di là? mentre vi arriva

Qualche anima che passa, e poi scompare.

LA VENDETTA DI TANTALO

 

Io ti bacio con gli occhi, e non lo sai,

Col pensiero ti abbraccio, e tu l'ignori;

E se talvolta il tuo respir mi dai,

L'ansia mi cresce, e crescono gli ardori.

 

Ne' miei notturni sogni io ti rimiro,

E in colloqui d'amor teco deliro.

 

Ma, dopo i baci, le tue vesti sciolgo,

E il vieto frutto, che bramai, raccolgo!

AD UN AMICO

 

Amico, i nostri sogni furon nuvole,

E dileguaro ai venti della sorte.

Or della vita l'orizzonte è lugubre,

E uno spettro si avanza, ed è la morte.

 

Verrà la morte, e mi darà le tenebre;

Verrà la morte, e mi darà l'oblio:

Poi dalla Terra sperderanno i turbini

Le mie vane querele, e il nome mio.

RITORNO IN PATRIA

 

Io son venuto, ma non ti ho trovata,

E il mio paese mi sembrò un deserto;

Ho visto il tuo Castello, ho rimirata

La tua finestra, ch'era chiusa al vento;

 

Mi son seduto fra le smorte piante

Presso la tua magion, sul tuo sedile:

Era muto quel luogo e desolante,

Vidi che tu non c'eri, e son partito.

NOSTALGIA

 

Stella, che spunti dove il sol declina,

E dolce lume sopra i colli piovi,

Quando vedrai più tardi altra marina,

E alberghi d'altra gente, ed i ritróvi

 

Della dispersa ahimè terra natia,

Dove, a quest'ora, cantan le donzelle

In lunga schiera, e folli d'allegria

Volano su di lor le rondinelle;

 

Quivi la madre mia, che m'ha perduto,

A una finestra in lagrime si tace:

Affacciati a portarle il mio saluto,

Mentr'io le invoco dagli Dei la pace.

BUONA NOTTE

 

L'ombre dintorno, e il tedio

Nell'anima deserta;

Con un manto funereo

La Natura è coverta!

 

Chi rompe le ciclopiche

Muraglie, ov'io son chiuso?

Dal mondo chi mi libera

Verso un ciclo dischiuso?

 

Io credo, come Niobe

Di trasformarmi in pietra;

Che le mie stesse lagrime

Si congelino all'etra.

 

In me soltanto, macchina

Che ha corroso la rabbia,

Batte il mio core, e strepita

Come un uccello in gabbia.

 

Oh, se l'uccello misero

Finirà le sue lotte,

Alla scena degli uomini

Diremo: — Buona notte! —

ROMANZA FUNEBRE

 

Deh musico gentil, deh per amore,

Cantami il lutto che nel cuor mi sta;

Cantami una canzon, tutta dolore,

Con largo pianto di sonorità,

 

Cantami questo amor, che m'ha conquiso,

Ed in catene sanguinar mi fa:

Miserere di me, vinto e deriso,

Del mio povero cuor pietà, pietà!

SULL'ORLO DELL'ABISSO

 

Muta è la stanza mia come un sepolcro,

E il sol, che v'entra, è la funerea face;

Fuori, siccome un mar, s'agita il mondo:

Io sol vivo in catene, e non ho pace!

 

Cuore, chi ti apportò quest'ore cupe?

Chi ti strappò dal mondo in quest'esiglio?

Tutti i pensieri miei son larve truci,

E sempre ho questa lagrima nel ciglio!

 

Tornano le memorie in bruni ammanti,

Con mestissimi volti, e piangon mute:

O della vita mia sogni ed incanti,

Dileguate da me; tutto è perduto!

 

Se sapessi morir... quando, alla sera,

Piangono i bronzi l'agonia del giorno;

Lasciando questa mia spoglia terrena,

Ai regni me n'andrei senza ritorno...

 

E il Lete passerei, perché l'oblio

Mi terga d'un amor che fu sventùra:

Tu quando lo saprai, fanciulla mia,

D'avermi ucciso non sentir paùra!

STELLE MIGRANTI

 

Stelle del ciel, che pispigliate a sera,

Passando in compagnia, sul nostro mondo?

Vi offende, forse, questa massa nera,

E il brulicame, che vi sta nel fondo?

 

Oh fossi anch'io della vostra schiera,

E insiem vagare per il ciel profondo,

D'altri Soli a scoprir l'alba foriera,

E d'altre plaghe il luminoso sfondo!

 

Vedrem dei Numi i paradisi d'oro,

E il tuo, Cristo Gesù, regno divino,

Tutto di voci angeliche canoro.

 

Ma più d'Allà voglio cercar la sede,

Di vaghe donne florido giardino,

Che agli stanchi mortali egli concede.

OSCURANTISMO

 

Non più promèsse, ne' suoi sfondi azzurri,

Né più speranze l'Avvenir mi serba;

Or che la mèta attingo, il ciel s'abbruna,

A me davanti, lugubre.

 

In un mesto tramonto amori e sogni

Muoiono spenti, ed io li guardo muto.

Ahi povero mio cuor, con quel tramonto

La gioventù dileguasi!

MATTIN D'INVERNO

 

Frangonsi al Sole i cristallini cicli,

Nel trepido mattin, che sboccia in rosa;

II mar, sgombrato dei notturni veli,

Spiega l'azzurra vastità gioiosa.

 

Torna alla Terra il Sole, e par che anèli

Come un reduce Nume alla sua sposa.

Tu ne palpiti, o Terra, e gli riveli

Fra svolti lini la beltà nascosa.

 

T'abbracci egli nel talamo odorato,

E ti fecondi, sì che Primavera

Nasca a rinnovellar questo Creato.

 

Vergine Dea che, di fulgor' tremando,

Sorge, e dell'aurea Età schiude la sfera,

I suoi tesori sotto il ciel versando.

GUARDANDO LE FORMICHE

 

Formiche industri, che, movendo a schiera,

Vi procurate in comunanza il pane,

Quest'opra, ch'è per voi tanto leggiera,

Ahi qual problèma è per le gènti umane!

 

Fra voi la vita è fratellanza véra,

Tutto è per tutti nelle vostre tane;

Ma gli uomini, serbando altra manièra,

Lottan fra loro come tigri ircane.

 

La vostra stòria, in quésto rivol bruno,

È uno scambio d'amór; la nostra è un rósso

Fiume di sangue, che travolge ognuno.

 

Eppur noi siam d'un gènere divino..

Ma per dannazion portiamo addòsso

L'eredità, che ci lasciò Caino.

DANNAZIONE

 

L'anima mia t'hai presa, e la maltratti,

Sei perfida, mia bella, e non lo sai;

Io vedo questo scempio, e a passi ratti

Se pur ti fuggo, non ti scordo mai.

 

Ahi, come finirà questo tormento

Di non volerti amar, mentre che t'amo?

Dal cuor, ch'è folle, sopraffar mi sento,

E invan m'impunto, e alla ragion lo chiamo.

 

In tutto il giorno smanio, e vado errando,

A te sol penso, e di te solo io scrivo;

Se mi addormento, è un gran sollievo quando

Ti sogno meno perfida, e rivivo.

 

Come più bello, allor, mi mostri il viso

Nei noti luoghi, o rallegrato o mesto!

Mi siedi accanto, e mi concedi un riso…

Ma che vuoto nel cor, quando mi desto!

 

Così, tutto un martirio è questa vita,

Se a liberarmi non verrà la morte;

E tu non fai, quando ti cerco aìta,

che stringer sempre più le mie ritorte.

SIMILIA SIMILIBUS

 

Làgrima un fonte nella selva ombrosa,

E accanto vi gorgheggia un usignuolo:

Colà sovente a meditar mi siedo

Triste, e lontan da tutti.

 

Come quel luogo mi conviene! Il fonte

Rassomiglia al mio cor, che piange muto;

E l'usignuol sembra la Musa, quando

Dal dolorar mi svia.

FRA TEMPO E SPAZIO

 

Questa pagina d'or, Ciclo infinito,

Solo mi scuopri del tuo Libro, a sera:

Ogni sillaba è un mondo, e n'è l'ordito,

Come il resto che occulti, una chimera.

 

Il Presente mi schiudi in breve sito;

Ma se cerco il Passato, è notte nera:

Ciò che ab eterno visse, ed è sparito,

Giace per sempre dove il Nulla impera.

 

E mi sgomento a ripensar l'Ignoto,

Che il Tempo ha svolto e svolgerà in appresso,

Senza principio e fin, per tanto vuoto.

 

Ahi come innanzi a questo, o pensier mio,

Mostro infinito tu soggiaci oppresso,

Mentr'altri non v'indugia e crede in Dio.

A ROSA AMOROSA

 

L'astro che spunta e trema, la mattina,

Porti negli occhi tuoi con lo splendore:

Sei bella con la guancia porporina,

Ove due rose languono d'amore;

 

Sei bella con la tua rinoma corvina,

Che t'inghirlanda il viso di fulgore;

Bella se taci, e bella anche nel dire,

Tanto sei bella che mi fai morire!

A SE STESSO

 

Questa umana miseria, che ti opprime,

Sgombrala, e vola sul pensier librato;

Lasciati il Gregge dietro, e va' sublime

Fuor della Terra, per lo sconfinato.

 

 

Un dì cercavi le superbe cime

Su per i monti, con più largo fiato;

Or per l'infinità, che ti redime

Spiega un libero voi contro il Passato.

 

Vivrai d'eterno in mezzo alla Natura,

Di quello che non nasce, e che non muore,

Ma sopra il Tempo stabilmente dura.

 

Quivi il Tutto s'india nell'Assoluto;

Ed è il Nirvana, che t'acquieta il core

Dal duol terrestre dove sei cresciuto.

SUL MIO CALVARIO (DISPERANDO)

 

Lugubri della sera ombre silenti,

Quanta tristezza mi versate in cuore,

Mentre il mare si addorme senza venti,

E il ciel si abbruna, con il dì che muore!

 

Penso a quest'anni di mia vita lenti,

Che trascino nei lutti e nel dolore,

Poiché la sorte mi serbò i tormenti,

E la pace non già, per l'ultim'ore.

   

O sera, e tu mi cuopri col tuo manto,

Come una madre, che s'abbraccia il figlio,

E sopra il petto ne raccoglie il pianto.

 

Oh fossi tu la morte, e non la sera,

Che m'addormisse in placido giaciglio,

Nelle quet'ombre d'una volta nera.

FINE D'ANNO (SPERANDO)

 

Scendi nel Nulla tenebroso, e muori,

Anno, che tanto a me fosti fatale,

E, come stuol di corvi, i miei dolori,

Ti faccian compagnia nel funerale.

 

Sorga l'anno novello, e si colori,

Com'iride, che segue al temporale.

Io l'inferno soffrii, ma n'esca fuori

A compier lieto il mio cammin mortale.

 

Sorga pur esso il Mondo a nuova vita,

Dalle barbare lotte, e si governi

Con lunga pace la Ragion smarrita.

 

Io vo cercando fratellanza e amore,

Ed in questo gran Tutto i veri eterni,

Pago del Fato, se alla fin si muore.

IN MONTAGNA

 

Sfolgora un lampo fra le nubi, appresso

Rotola il tuono come una rovina;

Ed ecco il turbo, con furor di ossesso,

Si sfrena per i campi alla rapina.

 

Or vien la pioggia, che dirotta piange

Su quanto in fuga devastò quel mostro;

Si gonfia il fiume, e le barriere infrange,

Tutto assordando della valle il chiostro.

 

Solingo un mandrian su di una cresta,

S'erge abbrunato nel mantel ravvolto,

E fra tanto scompiglio immobil resta,

Come un asceta in suo pensier raccolto.

MATTINO

 

L'ultime nebbie s'alzan dalle valli,

Pigre a raggiunger l'altre nebbie in fuga,

Che il sol disperde pei celesti calli

Con la forza raggiante di sua luce.

 

Ed ecco, al sole, lo scenario splende

Lieto del mondo in limpidi colori:

Verdeggia il suol, azzurro il mar si stende,

E il del, ch'è bianco, vi s'incurva sopra.

 

Anch'io mi snebbio de' miei lutti, e il core,

Come fontana che gorgheggia e brilla

In florido giardin, canta d'amore,

E scorda l'elegia dei giorni tristi.

MATTINO IN MONTAGNA

 

Nitido il cielo, sull'alba gelida

Palpita e brilla l'astro di Venere,

Siccome farfalla, che posa

L'ale tremanti sopra una rosa.

 

Lungi, nel mare, l'azzurro naviga

Solo una vela; ed io con l'anima

La seguo, sognando il remoto

Lido straniero di un Mondo ignoto.

SOLO

 

Solo vò stare, come solo io vissi

Sin dai prim'anni, in mezzo al gregge umano.

Alte cose pensai, ma non le dissi,

Chè l'avrei fatto pel tal gregge invano.

 

L'assurdo rinnegai dei dogmi fissi,

Con quanto è falso in questo Mondo strano,

E sperso col pensier dentro gli abissi

Dell'infinito navigai lontano.

 

Eterna Bibbia è questo, dove il Fato

Per la nostra ragione ha scritto il Vero;

Ma l'uomo non vi legge, ed è aberrato.

 

Così trovando il Mondo una Babele,

In esiglio vi sto come straniero,

E al proposito mio resto fedele.

DAVANTI ALLA MIA CASA

DI CAMPAGNA

   

Guardo le stelle, nella notte quieta,

E il ricordo di te non mi da pace.

Oh qui parlarti, in compagnia segreta,

Mentre regnano l'ombre, e il mondo tace!

 

Pur non lontana sei, per farmi lieta

L'alma che t'ama e al dolore soggiace;

Ma una dura custodia te lo vieta,

Se non ritengo di parer mendace.

 

Così vaneggio sol. Nell'ombre intanto

Mi par vederti con la fantasia,

Che a me ne viene, e che ne siedi accanto.

 

Treman le stelle in ciel di gelosia;

Io t'abbraccio e ti bacio in mezzo al pianto;

E al sogno siegue la malinconia.

IL RITORNO DEL SOLDATO

 

Piangono le campane in mezzo ai venti,

II cielo è scuro, e al suo paese arriva.

Ahi, come tristi son questi concenti!

L'ansia lo strugge, e mancagli il respiro.

 

"Deh, perché incontro mi venite, amici,

Con gli occhi bassi e con le labbra mute?

E tu, fratello mio, tu non mi dici

Perché il balcon della mia bella è chiuso?'

 

— Vieni alla chiesa, che vedrai Ninetta,

Ahi disumano Dio, dentro una bara;

Ha il sorriso sul volto, e par che aspetti

Il bacio d'una sua persona cara.—

 

"Or mi lasciate, e ch'io solo ci vada

A darle il bacio sulle labbra morte,

Poi vo' passarmi il cuor con questa spada,

E avremo tutt'e due la stessa sorte."

IN MONTAGNA

 

Fra le nebbie, con languor

Giunge il suon d'una campana,

Come voce di chi muore

E dal Mondo si allontana.

 

Ahi, mi parla questa voce

D'ogni vita, ch'è trapasso:

D'essa restavi una croce,

E la spoglia sotto un sasso.

AUTUNNO MEDIOEVALE

 

Nel tetro autunno, tacita la sera

Smorza all'occaso gli ultimi bei barlumi

E dapertutto la mestizia impera.

 

Due nuvolette brune all'orizzonte

Radon le vette insiem, come persone

Che vanno per esilio a bassa fronte,

 

E penso a Dante, dalla selva uscito,

Che, rincorato, affronta il suo viaggio

Pei Regni Eterni, con Virgilio unito.

 

E lì sieguo con l'anima voglioso

D'andar con loro in mesta compagnia,

L'Oltretomba a scoprir misterioso.

DISILLUSIONE

 

Or che nulla desio, che nulla spero,

E triste, come un reo, guardo sugli armi,

Or che ai Fato soggiaccio, ed ei, più fiero,

Sul mesto capo mi grandina affanni.

 

Strappate all'Ideal l'ultime frange,

Dove l'alma cercò solo il suo nido,

Mentr'ella in tanto orror misera piange,

L'ali ai voli inconsulti io le recido.

ALLA NATURA

 

Ah, non d'un Dio tu fosti, alma Natura,

L'opera, che dal Nulla egli ha creata:

Tu senza origin sei, né si misura

Con il nostro pensier la tua durata.

 

I mondi dentro il ciel son tua fattura,

Li crei dovunque spazio si dilata;

Macchina sempre in modo, che perdura

A tesser l'aurea Vita, e sei spregiata.

 

Sì, l'uom ti spregia, e a un Dio ti sottopone

Balordo come lui, piccolo e gretto,

Che usurpa l'opra tua da fannullone.

 

Ma chi da te disperdesi, e t'ignora,

Di tenebre ravvolto l'intelletto,

Va brancolando cieco alla malora.

SIMILI

 

Luna, tu sei come la donna, quando

Ci appare in terra vision d'amore;

Tu abbellì il ciel con questo lume blando,

E lei c'inonda di dolcezza il core.

 

Ma se con linceo occhial ti vo scrutando,

Che rovine in te scerno, e che squallore!

Sei d'un mondo l'ossario miserando,

E invan l'occulti sotto il tuo candore.

 

Tale la donna nel fulgor degli anni,

Quando si mostra verginella e pura,

Annunziatrice di futuri inganni.

 

Maschere siete entrambe, e mai di fuori

Svelate il fondo che vi diè Natura,

L'una ingannando gli occhi, e l'altra i cuori.

"CASTA DIVA"

 

Nuotando il ciel traverso rosee nuvole,

La figlia dell'azzurro all'aurea canta;

Non è ninfa celeste, essa è l'allodola,

E uguali trilli l'usignuol non vanta.

 

Ebbra di luce, per l'immenso giubilo,

Nella sua stessa melodia s'annega,

Conosce "Casta Diva" e gorgheggiandola

La sua canora maestria v'impiega.

 

Dal ciel l'apprese, e forse, in solitudine,

Sui campi etnei l'insegnò a Bellini;

Or se la canta, n'indica l'origine,

Portando al cielo i suo' trilli divini.

 

Cantala, dunque, negli spazi, allodola.

Ch'è per l'animo mia sommo diletto,

E mi accompagni quando, dipartitomi,

Me n'andrò in pace all'ultimo ricetto.

TRISTEZZE AUTUNNALI

 

Viene l'autunno, che disperde l'anime

Verso i misteri d'Oltretomba oscuri;

S'abbruna il cielo, e i temporali piangono

Sopra i già morti e sopra i morituri.

 

Raccogliti nell'ombra, e a lutto vestiti

Nell'universo lutto, o cuor mio lasso;

Breve è la vita, e i giorni ci sospingono

A quella mèta, ch'è il fatal trapasso.

   

O amori e sogni, illusioni effimere,

Voi foste un volo di fuggiasche stelle,

Ed i vostri ricordi, che sorvivono,

Son di sepolcro pallide facelle.

PER IL PRIVILEGIATO MONDO

DELLE NOSTRE TERRE

 

Pallottola di fango verminosa,

Che intorno al sol ballonzoli, e fermenti

Una vita che brulica, rissosa,

Dei tuò molluschi, a guerreggiarsi intenti.

 

Se aborto sei d'un mando, e se Natura

Ne ha fatto per isbaglio una bruttura;

Fu triste il mio destin d'esservi nato,

Che in tale fogna non vivrei dannato.

DISSIMILI

 

Che mai barbotti tu, vecchio castagno,

Mentre t'azzuffi col rissoso vento?

È una bestemmia che borbotti, o un lagno

T'esce dal cuore sotto il tuo tormento?

 

Invece l’alberel, ch'è tuo compagno,

Pàr che giuochi a lottar, senza sgomento;

Se la raffica vien, si fa grifagno,

E con nuovo vigor soffre al cimento.

 

Così col vento il giovane contrasta,

E dopo, ilare tutto, al vecchio irride,

Che, annoso, come lui non è ginnasta.

 

Ma l'altro pensa : — Negli evi io sopportai

Fulmini infesti, e del ciclon le sfide...

Non so se a tanto tu resisterai!

QUEL PAESE...

 

Quando è la sera, e che s'abbruna il cielo,

lo guardo lungi sul marmoreo mare,

E ad un paese sconosciuto anèlo

D'antica fiaba, che sentii narrare.

 

Aureo paese! Dentro un roseo velo

Lo vidi agli occhi miei crepuscolare,

Mentre un vegliardo, di canuto pelo,

Mi narrava la fiaba al focolare.

 

V’è la Fortuna, in un palagio d'oro,

Che accoglie sorridente chi vi arriva,

E a ciascuno dispensa un suo tesoro.

 

Quante volte, negli anni, io lo sognai:

Ho percorso ogni mare ed ogni riva,

Ma quel paese non raggiunsi mai!

MISTICA

 

Quando dormo, qualche volta,

Dolci sonni saporosi,

Via, con l'anima disciolta,

Per reami io me ne vo,

Oltre il ver fantasiosi:

Quali siano non so...

 

V'odo suoni pastorali

Gorgheggiar con armonia,

Come, al tempo dei Natali,

Nelle chiese udir si può;

Suoni ch'hanno nostalgia:

Donde vengano non so...

 

E su lor, d'ebbrezza piena,

L'alma mia lieve si culla;

Poi, con voce di sirena,

Vi armonizza una canzon,

Che, svegliato, in cuor mi frulla..

Ma ripeterla non sol

AVEMARIA

 

Nell'ora dei crepuscoli invernali,

Io sogno luoghi vedovi e silenti:

Giardini chiusi, antiche cattedrali,

E chiostri solitarii di conventi.

 

Sogno la valle, ove raccoglie l'ali

L'uccello peregrin, lungi dai venti;

E l'erma casa, ov'io m'ebbi i natali,

E donde usciron morti i mie' parenti.

 

Fra quelle mura, sotto un campanile,

Vorrei trovarmi al focolar seduto,

E aver d'un tempo l'anima infantile!

 

Così nocchiero, che per tanti mari

Le sue speranze e il vivere ha sperduto,

Sospira il porto dei suo' patrii Lari.

RAMMARICO

 

Oh fossi morto in gioventù, lottando

Per un grande Ideal contra di tutti,

Come tu, Bruno, sopra un rogo, o come

II Nazzareno in croce.

 

Ch'or non vedrei, nella vecchiezza, il Mondo

Per me mutato in ruderi cadenti,

E aspettar che giunga alla mia soglia

II passo della Morte.

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