Il Santuario di Schiavonea

 Denominazione : Santuario di Schiavonea

Descrizione : Originariamente nello stesso luogo sorgeva la chiesetta di San Leonardo. In seguito, nel 1649, sulla chiesa di San Leonardo, fu costruito l’attuale Santuario della Madonna di Schiavonea ad opera del duca Agostino Saluzzo che voleva offrire un luogo più idoneo al quadro miracoloso della Vergine. L’11 gennaio 2002, è stato inaugurato il nuovo complesso parrocchiale di Santa Maria ad Nives a pochi metri dal Santuario

Indirizzo : Via F. Compagna   

Il Santuraio di Schiavonea si trova all’ingresso di Schiavonea, nei pressi della Taverna, di Torre del Cupo e del Quadrato. Originariamente nello stesso luogo sorgeva la chiesetta di San Leonardo, costruita nel 1615 con le elemosine dei pescatori e dei contadini. In seguito, sulla chiesa di San Leonardo, nel 1649 fu costruito l’attuale Santuario della Madonna di Schiavonea, ad opera del duca Agostino Saluzzo che voleva offrire un luogo più idoneo al quadro miracoloso della Vergine. La chiesa è sollevata da terra di oltre due metri e vi si accede tramite due scale che dal 1865 sostituirono la prima scaletta andata in rovina. L’11 gennaio 2002, per la ferma volontà del parroco padre Anselmo Pedrolo, è stato inaugurato il nuovo complesso parrocchiale di Santa Maria ad Nives a pochi metri dal Santuario. L’iscrizione della lapide, posta a sinistra della porta d’ingresso, fu scritta da D. Giovanni Cirone in occasione del restauro voluto dal Barone Compagna nel 1856 e riporta la storia un po’ fantasiosa del Santuario. Riferisce che il duca di Corigliano, Agostino Saluzzo, volle costruire un santuario a S.Maria di Schiavonea perché “non mancassero i riti religiosi e fosse per tutti porto di salvezza”. Il Duca voleva che si venerasse la prodigiosa immagine che, “dipinta per tre volte di un colore roseo, per tre volte si abbrunì per volontà divina”. Sopra la porta d’ingresso del Santuario si legge una iscrizione in latino che dice: Venite tutti a me ed io vi esaudirò. Anche all’interno del Santuario altre iscrizioni in latino riportano messaggi della Vergine. La lapide di destra riporta un testo del Prof. Quaranta che informa sui vari interventi di restauro fino al 1856. Esternamente la chiesa sembra quadrata, ma l’interno è a pianta ottagonale. Oltre che alla sua particolare forma, ciò che subito colpisce è la varietà di marmi policromi che la riveste completamente. Sulla porta d'ingresso è posta la cantoria; anch’essa, come tutta la Chiesa, è rivestita di marmi policromi. Il pavimento è realizzato in piastrelle esagonali bianche e grigie. Una delle due acquasantiere in marmo massiccio di Bordiglia. All’interno, due bassorilevi la caratterizzano: un serpente, simbolo del peccato e una rana che ricorda una delle dieci piaghe d’Egitto. L’unica navata, si conclude con l’altare principale. Al presbiterio si accede dalla sacrestia, poichè la balaustra che separa il presbiterio dalla navata è continua. Il rettore del Santuario nei primi anni del’700, Carlo Maria Saluzzo, figlio di Agostino, la ordinò ad un artista napoletano che utilizzò marmi molto pregiati. Vicino all’altare una lapide di marmo chiude la tomba di Carlo Maria Saluzzo. (sotto) Particolare del paliotto. Nell’abside, la cupola è a padiglione; gli stucchi che creano cassettoni e gli stemmi mariani risalgono al restauro del 1955. Sulle quattro porte che si aprono nell’abside, le iscrizioni in latino riprendono le esortazioni di San Bernardo per chi si affida alla Vergine: <<Se pensi a Lei, non sbaglierai>>, <<Se La preghi, non dispererai>>, <<Se La segui, non ti smarrirai>>, <<Maria la tua preoccupazione è solo la Salvezza>>. L’altare risulta un misto di marmi, tra cui risaltano le due colonnine rosso di Francia tra le quali è racchiuso il quadro della Madonna. Storia sulle origini del quadro della vergine. Nel mese di agosto del 1648 vi era una sentinella a cavallo di nome Antonio Ruffo detto Antonaccio di 38 anni. Nella notte del 23 agosto 1648, mentre Antonaccio osserva il mare, nelle vicinanze della Chiesa di San Leonardo e della Torre del Cupo, gli apparve la Vergine Santissima che dichiarò di essere ‘La Madonna di Schiavonea’. Era seduta su un trono di schiuma di mare. Chiese ad Antonaccio di far dipingere una Sua effige da venerare nella Chiesa di San Leonardo. La Vergine gli apparve altre due volte. Dipinse il quadro il pittore Scamardella di Corigliano che iniziò il suo lavoro nella Chiesetta di S. Andrea, sotto le indicazioni di Antonaccio. Inspiegabilmente, all’improvviso, si trovò il viso della Vergine completato con tanta armonia e arte. Contemporaneamente, le campane della Chiesa si misero a suonare da sole, richiamando i fedeli ad ammirare il volto della Madonna. Antonaccio dichiarò che era identico a quello dell’apparizione. L’entusiasmo fu grande e per la loro devozione venne custodito nella chiesa di San Pietro, vicino al Castello. Dopo qualche anno, il 13 ottobre 1648, in modo solenne, il quadro venne trasferito nella Chiesa di San Leonardo, in Schiavonea. Ancora oggi tale data viene solennemente ricordata. L’immagine della Vergine è racchiusa in una cornice di ottone dorato e protetta da un cristallo. Siede su un trono sospeso sulle onde del mare e tiene le braccia aperte, segno della sua disponibilità verso tutti. Il Suo corpo è rivestito da una lamina d’argento già dal ‘600 ad opera di C. M. Saluzzo, mentre in argento dorato e rivestito il trono. Con una cerimonia solenne, nel 1963 fu incoronato il capo della Madonna con una corona d’oro. La particolare cupola ottagonale è completata dal grande lampadario di ottone dorato. Il motivo a cassettoni risale al restauro del 1856, mentre le finte nicchie con i dipinti furono realizzati nel 1971. In corrispondenza dell’altare maggiore, una grande colomba bianca raffigura lo Spirito Santo (in basso). Sulla porta di ingresso, è raffigurato S.Giuseppe artigiano. A sinistra l’Arcangelo Gabriele. S.Nicola Abenante A destra la Vergine al momento dell’Annunciazione. S.Francesco d’Assisi L’altare laterale di destra, del XVII secolo, è in marmo bianco di Carrara, con due massicce colonne tortili che racchiudono una tela raffigurante Sant’Anna e Maria Bambina. Il paliotto, in marmi policromi, riprende il tema sviluppato il tutta la chesa. Alla base di entrambe le colonne, lo stemma dei Duca Saluzzo. Sul quadro, l’iscrizione in latino dice: “La beata dalla quale, senza macchia, ebbe origine la tua carne verginea”. Sulla parete destra, in alto, accanto alla cantoria, una tela di Raffaele Aloisio raffigura “Il riposo della fuga in Egitto” con Maria e Giuseppe. Sotto la tela, la porta dà accesso alla cantoria. L’iscrizione in latino recita: “Venite a Lei, non andate via”. A destra dell’altare, un angelo di marmo bianco sorregge una tenda in bronzo, formando un morbido drappeggio che permette, simbolicamente, l’accesso alla tomba dei Baroni Compagna. Ai piedi della tomba dei barone è custodito un bassorilievo in marmo bianco raffigurante il volto di Cristo morto. Il magnifico angelo è attribuito allo scultore Francesco Ierace, illustre scultore che operò tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900. durante uno dei suoi soggiorni a Corigliano, il barone Compagna commissionò all’artista di impreziosire la tomba di famiglia nel Santuario di Schiavonea, dove fu collocata nel 1885, dopo essere stata esposta in una mostra a Londra. L’opera è stata realizzata nei sotterranei del Castello, dove sono stati ritrovati diversi calchi in argilla e in gesso, ritrovati durante gli ultimi lavori di restauro . A sinistra della porta d’ingresso, in alto, un’altra tela raffigura la “Gloria di San Giuseppe”, anche di Raffaele Aloisio; è in parte nascosta dal mausoleo di Giuseppe Compagna. L’altare laterale di sinistra è in marmo nero di Sicilia con due massicce colonne tortili che fanno da cornice ad una nicchia che contiene un grande crocifisso e due statue che, contrariamente a quanto si pensa, sono di creta e gesso e non di legno. L’iscrizione in latino dice: Prezzo della nostra libertà. Ai lati degli altare si nota sempre lo stemma dei Saluzzo. Giuseppe Compagna, morto nel 1834, nel suo testamento aveva espresso il desiderio di ricevere sepoltura nel Santuario. La tomba, un bassorilievo di marmo bianco che riprende i temi del neoclassicismo, venne trasferita nel 1835 dalla chiesa dei Cappuccini, oggi Chiesa di Sant’Anna. Per le ridotte dimensioni del monumentale Santuario, la popolazione di Schiavonea necessitava da diversi anni di una struttura più capiente e più ricca di servizi per gli esercizi pastorali. Finalmente nel 2002, grazie alla volontà di Padre Anselmo Pedrolo, ma soprattutto grazie all’intera popolazione, fu inaugurata la nuova Parrocchia di Santa Maria ad Nives che dal 1848 aveva avuto la sua sede nello stesso Santuario. Oggi tale struttura può accogliere un gran numero di persone; è dotata, inoltre, di sale per la catechesi, per la schola cantorum, per i vari gruppi di azione cattolica, un’ampia sagrestia, mini appartamenti per gli ospiti, un grande ed attrezzato auditorium per ogni forma di spettacolo e di iniziativa culturale. La statua della Madonna della Neve (a sinistra) e La Madonna di Schiavonea (a destra). Nella sagrestia si conserva una tela che ritrae Ferdinando Maria Saluzzo.

Interno del Santuario di Schiavonea
Interno del Santuario di Schiavonea
Le due Chiese di Schiavonea
Le due Chiese di Schiavonea

Come la Madonna di Schiavonea divenne nera

Torno a occuparmi di una questione che, da calabrese, mi interessa moltissimo. Riguarda l’immagine della Madonna di Corigliano, meglio conosciuta con il nome di Madonna di Schiavonea.

Era la notte del 23 agosto dell’anno 1648, quando la Vergine apparve a tale Antonio Ruffo lungo la spiaggia del territorio coriglianese. Era seduta in trono, con le braccia aperte e distese. Si presentò come la Madonna della Schiavonea, esprimendo il desiderio di vedere la sua effigie dipinta nella piccola cappella dedicata a San Leonardo.
Il Ruffo raccontò ad altri ciò che aveva visto e sentito e, per adempiere a quanto richiesto dalla Vergine,  fu chiamato un pittore locale, di nome
 Scamardella, al quale fu descritto tutto nei particolari.

A questo punto vi sono diverse versioni della storia. Secondo alcune, quando il pittore si accinse a dipingere il quadro, trovò il volto della Madonna già realizzato, e  di colore scuro. In altri racconti, il pittore eseguì l’opera, dipingendo l’incarnato della Madonna perfettamente di colore roseo, salvo poi – qualche giorno dopo – trovare il dipinto cambiato: il volto, le mani e un piede della Vergine erano di colore scuro.

Qualche anno prima, nel 1643, Giacomo Saluzzo, Presidente della Regia Camera della Sommaria fa costruire a Genova una cripta all’interno della chiesa dedicata alla Madonna del Monte, dove fa collocare un’immagine della Vergine, in adempimento del voto fatto, perché nascesse un figlio maschio.

Nel 1631 nasce Agostino Saluzzo.

Torniamo nel 1648. Il reame di Napoli è in subbuglio a seguito della rivolta popolare provocata daMasaniello.
Agostino viene chiamato, ancora giovanissimo, alle armi per difendere la corona. Contemporaneamente, il
 Castello di Corigliano viene messo sotto assedio, ma le forze di difesa guidate da Agostino riescono a respingere gli assalitori.

Un anno dopo, nel 1649, re Filippo IV di Spagna, conferisce ad Agostino Saluzzo il titolo di Duca di Corigliano, quale premio per aver difeso con merito la corona di Napoli.

A questo punto, per ringraziare la Vergine per quanto accaduto, Agostino fa ricoprire il quadro della Vergine di lamine d’argento, lasciando scoperto volto, mani e piede. Nel contempo, commissiona a uno stampatore fiammingo la realizzazione di un’incisione su pergamena, nella quale la Madonna appare nella sua versione originale, cioè con l’incarnato chiaro.

La pergamena è quella che vedete qui nella foto. 

Dal 1648 (anno del dipinto) al 1649 (anno dell’intervento apportato sul dipinto dal duca) trascorse circa un anno, nel quale la devozione dei fedeli fu molto intensa e partecipata. Probabilmente il fumo dei tantissimi ceri accesi e accostati al dipinto dai numerosi devoti, provocò quel colore bruno sul viso e sulle mani della Madonna. Ciò spiegherebbe la trasformazione del colore…

 

Fonte : la rete - biagiogamba