Storia e ipotesi sulle origini

La Storia

Le origini di Corigliano sarebbero da riportare all'epoca dell'incursione araba del 977 da parte dell'emiro di Palermo, al Quasim, quando alcuni abitanti della Terra di Aghios Mavros (San Mauro, nei pressi dell'attuale frazione di Cantinella) si spostarono in luoghi più elevati, determinando lo sviluppo del piccolo villaggio di Corellianum (il cui nome indicherebbe un "podere di Corellio") sul colle secoli dopo denominato delli Serraturi (nome derivato dalla concentrazione nella zona di un consistente numero di segantini: la denominazione è stata successivamente adeguata all'italiano nella forma "Serratore"). Dopo la conquista normanna, a Roberto il Guiscardo viene attribuita nel 1073 la fondazione di un castello, con annessa chiesa dedicata a San Pietro. La città si sviluppa progressivamente intorno al castello e alle chiese di "Santoro" e di "Santa Maria".

Un altro panorama del centro storico della Città di Corigliano Durante il XIV secolo vi era stata accolta una comunità ebraica e nella località "Pendino" venne costruito il monastero francescano. Nel 1276 la città arrivò a circa 2700 abitanti. Nel XIV secolo fu sotto il dominio dei conti di Sangineto per passare in seguito ai Sanseverino. Un arresto dello sviluppo si ebbe nel XV secolo, a causa del continuo stato di guerra tra Angioini e Aragonesi. Nel 1532 il numero degli abitanti era cresciuto quasi a 4.000 e nel 1538 la città riuscì a respingere l'attacco del pirata saraceno Barbarossa. I Sanseverino tennero il dominio su Corigliano fino alla morte dell'ultimo Sanseverino del ramo di Tricarico, il prodigo Niccolò Bernardino, principe di Bisignano. Nel 1616, per ripianare i debiti lasciati dal Sanseverino, il governo dispose la vendita dei suoi beni feudali e tra questi Corigliano, che fu acquistato da Agostino e Giovan Filippo Saluzzo, ricchi finanzieri impegnati nelle attività economiche del Regno di Napoli. Dopo alcuni passaggi ereditari la signoria si consolidò progressivamente nelle mani di Giacomo Saluzzo, presidente della "Regia Camera della Sommaria", che dispose del feudo in favore del figlio Agostino. Questi, dopo aver sostenuto un lungo assedio nel Castello e aver respinto le forze repubblicane del duca di Guisa (1647-48), ottenne, l'8 maggio del 1649 il titolo di duca di Corigliano da parte di Filippo IV di Spagna. Durante il XVII secolo i Saluzzo non riuscirono a fermare la progressiva decadenza economica: molte delle terre della pianura erano state abbandonate ed erano divenute paludose, provocando un'accentuazione della malaria, a cui si aggiunse un'epidemia di peste nel 1656. Nel XVIII secolo si ebbe un miglioramento delle condizioni, grazie alle opere di bonifica intraprese dai duchi e alla produzione della liquirizia. Gli abitanti raggiunsero la cifra di 6.800 nel 1743 e la città si era sviluppata con nuovi quartieri fuori della mura ("Gradoni Sant'Antonio" e “San Francesco”). I Saluzzo alienarono i loro beni coriglianesi nel 1828 al barone Giuseppe Compagna, (1780-1834),che abilmente ricompose nelle mani proprie e dei suoi eredi Luigi (1823-1872) e Francesco (1848-1925), il potere economico che era stato dei duchi. Tra il 1814 e il 1951 gli abitanti passarono da poco più di 8.000 a circa 21.000: lo sviluppo si deve alla riforma agraria e alla bonifica della pianura, dove si impiantano vasti agrumeti. Crebbero considerevolmente le varie frazioni, alcune delle quali si svilupparono come località turistiche (Piano Caruso).Nel 1863 Corigliano prese la denominazione di "Corigliano Calabro" per evitare la confusione con Corigliano d'Otranto.

Fonte: wikipedia

Un'altra fonte

LA STORIA DI CORIGLIANO La prima sistematica organizzazione umana del territorio ai fini delle attività insediative e produttive, in grado di modificare profondamente la realtà naturale, risale alla colonizzazione greca della seconda metà dell’VIII secolo a.C.
L’origine della nostra città è strettamente legata a quella dei gruppi di coloni che si stabiliscono lungo la fertile pianura costiera formata dai depositi alluvionali dei fiumi Coscile e Crati, e che fondano tra il 710-720 a.C.. la città di Sybari. Bisogna aspettare molti secoli per poter parlare di nuclei abitati nel nostro territorio comunale così come attestano le fonti storiche e le aree archeologiche in corso di esplorazione (ricordiamo che Favella è il centro neolitico più antico d’Europa).La nascita del borgo di Corigliano Calabro viene fatta risalire al 977 d.C., sebbene le prime testimonianze certe sono riferibili al XI secolo, con l’invasione normanna della Calabria. Con l’aumento della popolazione, Corigliano si trasforma gradualmente da praedium in borgo e sorgono i primi nuclei urbani.
Ancora incerta è l’origine del nome della città; le tesi più accreditate rimandano la derivazione del nome al latino Corellianum (cioè praedium Corellianum: podere di Corellio). Altre ipotesi fanno invece derivare il nome della città dal greco Koyon Elaion (“giardino dell’olio”).
La storia di Corigliano è stata particolarmente segnata dalla conquista normanna, la cui testimonianza è il Castello, costruito alla fine dell’XI secolo per volontà di Roberto il Guiscardo, come roccaforte contro gli attacchi della vicina bizantina Rossano. La fortezza diventa generatrice della struttura urbana intorno ad essa sorsero, tra il X ed il XII secolo, i primi rioni Portella, Castelluccio, Giudecca, Cittadella e le prime chiese Santa Maria della Platea, San Pietro, Ognissanti.
La dominazione sveva segnò in modo rilevante anche lo sviluppo economico della città: nascono le prime aziende agricole, artigiane, commerciali e importanti centri fieristici. L’aumento demografico è segnato dall’arrivo degli ebrei favoriti dalle leggi federiciane. A tali fattori si deve la costruzione di altri borghi e villaggi attorno alla città e di nuove abitazioni all’interno delle sue mura.
Tra la fine del 1200 e l’inizio del 1400 a Corigliano come in tutta la regione, si rafforza il dominio dei feudatari. Il castello diventa il simbolo della presenza del barone e la vita economica e sociale della città incomincia ad essere basata sulle rendite fondiarie dei feudatari e sullo sfruttamento dei contadini.
Intorno alla metà del 1300 si assiste ad un periodo di crisi sia economica che sociale in tutto il Regno di Napoli. Infatti, la crescita della popolazione e l’espansione economica subiscono una brusca frenata in seguito alle continue epidemie e carestie.
Nel 1475 San Francesco di Paola, fondatore dei Minimi, ed in seguito patrono del paese, giunse a Corigliano Calabro. Al santo si deve la costruzione di un convento e l’edificazione di un acquedotto di tipo romano, Ponte Canale, che doveva servire da mezzo di trasporto dell’acqua nelle tre piazze principali del paese: Giudecca, Fondaco e Muro Rotto.
La seconda metà del 1400 è caratterizzata dalla congiura dei baroni, a cui partecipò anche il feudatario Sanseverino e che si concluse con l’arresto di quest’ultimo ed il passaggio della città nelle mani dell’amministrazione regia.
Nel 1500 l’economia della città è collegata soprattutto alla messa a coltura di nuove terre. Nuove mura si edificano su quelle antiche e all’esterno, a ridosso delle cinta, vengono edificate nuove costruzioni ed alcune chiese rurali: San Domenico, San Martino e la Chiesa dell’Angelo. La crescita ha ripercussioni anche sull’espansione dei luoghi extraurbani, come la Marina del Cupo e San Mauro.
Il 1500 rappresenta anche il secolo in cui si verificano gli assalti dei pirati sui litorali calabresi, che spinsero le città a costruire fortezze e torri di difesa lungo le coste, per avvistare tempestivamente le navi piratesche. Anche Corigliano, nel 1538, subì l’invasione da parte del pirata Barbarossa, che però fu sconfitto dal conte Pietro Antonio Sanseverino.
Nel 1600 venne edificata una torre di guardia, chiamata Torre del Cupo. In questo secolo Corigliano e San Mauro diventeranno i feudi più importanti della casa di Bisignano, di cui i Sanseverino erano principi.
Nei primi anni del 1600 Agostino Saluzzo, ricco mercante genovese, acquista il feudo di Corigliano e di San Mauro per 315.000 ducati. Tra il 1616 e il 1740 si assiste ad un’espansione urbana-territoriale del centro in direzione del colle San Francesco, dove sorge il convento fondato dal Santo di Paola. In questo periodo l’accesso più importante al paese è la via delle Furche (l’attuale via Roma) che giunge in una delle quattro piazze, l’Acquanova. Attorno alla piazza nacque e si sviluppò un vero e proprio rione.
La peste del 1656 determina l’abbandono delle terre e la diffusione delle terre paludose. La ripresa delle città inizierà solo nel 1670 grazie ad Agostino II e ad Agostino III Saluzzo, sotto il cui dominio furono realizzate numerose opere di disboscamento, di bonifica e di arginazione dei fiumi Crati e Coscile, con conseguente aumento delle terre destinate alle coltivazioni. Vennero, inoltre, costruite strade per favorire l’ingresso nelle campagne e si diede inizio all’industria della pasta di liquirizia. A tale periodo risalgono i lavori di adeguamento del Castello. Nello stesso periodo la Marina di Corigliano diventò centro di traffici commerciali e di fiere. La crescita socioeconomica della città subì un arresto nei primi anni del 1800 con il dominio del partito filo-borbonico e l’invasione delle truppe napoleoniche.
L’epoca della dominazione francese (che va dal 1806 al 1815) fu caratterizzata dall’abolizione della feudalità e dalla soppressione dei conventi. L’abolizione della feudalità portò come conseguenza immediata la perdita della rendita dell’azienda ducale, l’abbandono delle terre, l’aumento delle zone destinate al pascolo e il disordine delle acque. I Saluzzo, feudatari della città, furono costretti ad affittare la loro proprietà a Giuseppe Compagna che nel 1828 rilevò il feudo di Corigliano.
Dal 1850 in poi l’evoluzione della città sarà caratterizzata dalla realizzazione di numerose opere pubbliche, come il rifacimento delle principali vie cittadine e la realizzazione del Quadrato delle Fiere nella Marina. Nel 1871 a Corigliano arriva la ferrovia jonica Metaponto-Reggio Calabria e nello stesso periodo viene aperto uno sportello della Banca Nazionale. Tra il 1870 e il 1880 saranno inoltre realizzati importanti lavori di restauro del Castello, per volontà del barone Luigi Compagna.
I primi anni del ‘900 sono caratterizzati soprattutto dall’opera di bonifica che tra il 1920 ed il 1930 consente la nascita di altri sei villaggi sul territorio di Corigliano Calabro: Villaggio Frassa, Thurio, Torricella, Fabrizio, Apollinara, Cantinella. Attualmente, tali zone rappresentano dei veri e propri nuclei urbani, con una significativa densità demografica.
La progressiva espansione territoriale della città continua negli anni 1945-1970, con l’edificazione del Rione Ariella e del quartiere dell’Acquedotto, sorti grazie alla costruzione delle case popolari. Negli stessi anni, vengono realizzati interventi di ripartizione ed assegnazione dei terreni agricoli all’interno dei villaggi rurali, favorendone la crescita ed espansione dal punto di vista edilizio. L’espansione territoriale è accompagnata dalla crescita delle attività economiche e, in particolare, dalla nascita delle prime attività di trasformazione dei prodotti agricoli e dei primi alberghi.
Tra il 1960 ed il 1980 sorgono altri nuclei urbani: S. Nico e Ministalla. Si assiste ad una significativa espansione dello Scalo, soprattutto per effetto del riversamento delle popolazioni residenti nei comuni limitrofi (in particolare Acri e Paesi albanesi). Negli stessi anni si espande l’area di Piana Caruso, che assume sempre più la connotazione di residenza estiva per le famigli locali.
Gli anni ’60-’80 sono caratterizzati anche dalla realizzazione di opere pubbliche, tra cui la trasformazione dei collegamenti pedonali in carrabili nel Centro Storico, la costruzione di nuove scuole e la realizzazione del Porto, ad opera della Cassa del Mezzogiorno. A Schiavonea, sorgono e si sviluppano i primi stabilimenti balneari e la flotta peschereccia, attualmente una delle prime in ambito regionale.

(Fonte : Pro Loco Corigliano Calabro)

Ipotesi sulle Origini 

Il Territorio

Il territorio comunale di Corigliano Calabro è compreso, quasi per intero, nel foglio 230 della carta d’Italia dell’Istituto Geografico Militare (F. 230 – IV – NO ) fuso est.
E’ esteso per ettari 19.600 dei quali i 4/5 sono terreni pianeggianti ed 1/5 del suo territorio è costituito da colline e zone montagnose. Queste ultime comprendono le propaggini della presila Greca raggiungendo in località Femminamorta la quota più elevata a m. 1723.
La parte Nord-Est sottende l’arco di costa del mare Jonio compreso tra il fiume Crati che ne delimita il confine con quello di Cassano ed il torrente Cino che ne segna il territorio con quello del Comune di Rossano; a seguire i Comuni di Longobucco, Acri, San Giorgio, Vaccarizzo, San Cosmo, San Demetrio Corone, Terranova da Sibari e Spezzano Albanese delimitano i confini da Sud, da Ovest e da Nord.

Il regime delle precipitazioni è caratterizzato da piogge invernali tra novembre e marzo e da un periodo secco da maggio ad ottobre. E’ da notare che, su dati cinquantennali, da ottobre a maggio cadono in media 677 mm di pioggia del totale annuo di 855 mm e quindi al restante semestre aprile-settembre sono da assegnare solo 187 mm, mentre nel trimestre giugno-agosto abbiamo condizioni aride con altezza di pioggia che scendono a 30-40 mm.
La temperatura (valore medio) è di 16° con rari massimi di 35° nei mesi più caldi mentre d’inverno raramente si scende sotto gli 0°.
Nella parte montana del territorio è frequente la neve, mentre è rara in pianura; da novembre a marzo si verificano brinate e geli di breve durata. Frequenti e persistenti sono le nebbie specie nel mese di maggio.
I venti dominanti sono quelli di levante che arrivano carichi di umidità dal mare Jonio e quindi anche le precipitazioni più notevoli, incontrando i massicci della Sila e del Pollino, sono costretti a salire di quota con conseguente condensazione in pioggia dell’umidità trasportata. Altri venti impetuosi sono quelli di ponente che di solito sono molto freddi e secchi; è anche frequente la tramontana con rare apparizioni dei venti caldi del Sud che vengono arrestati o mitigati dal massiccio silano.

Le Coste

La zona costiera coriglianese con i suoi 12 km di spiaggia costituisce la “freccia” di quell’arco naturale che è la Piana di Sibari, alternando luoghi incontaminati a spazi turistico-balneari attrezzati.
La caratteristica di queste spiagge è la presenza, in prossimità della riva, di sabbia e pietrisco di piccole dimensioni alla marina di Schiavonea e di Fabrizio, mentre salendo verso nord, superata la zona del Porto di Corigliano e giungendo ai Salici, questa si presenta soffice, allungandosi dalla pineta sino al mare.

I fondali marini, differenti da zone in zone, presentano un habitat completamente sabbioso e fangoso superata una determinata profondità con una gran quantità di specie animali e vegetali.
Il borgo marinaro della Schiavonea, oggi grosso centro turistico-balneare della Calabria, vanta la più grossa flotta peschereccia, annoverata come la prima della regione, che trova riparo nel grande Porto di Corigliano interamente scavato nella terraferma lungo la linea di costa.

Il Porto di Corigliano nasce nel 1958 ad opera della Cassa per il Mezzogiorno che presenta il progetto della struttura portuale a cui fa seguito, nel 1965, il Piano Regolatore del Porto.
La realizzazione del porto di Corigliano è inserito nel contesto più ampio dei processi di riconversione industriale degli anni ’60-’70.
Attualmente, l’area del Porto si estende con uno specchio d’acqua di 1.206.000 mq racchiuso da due darsene operative e con un’area a terra disponibile di circa 1.500.000 mq. Il bacino di evoluzione, largo circa 500 metri, ha il fondale profondo circa 12 metri. Il Porto, che dispone di strutture e servizi per consentire l’attracco di navi per operazioni commerciali e da pesca.
All’interno dell’area portuale sono ospitati in quattro grandi edifici il Comando dell’Ufficio Circondariale Marittimo della Guardia Costiera, il Comando e gli Uffici della Guardia di Finanza, il Comando e gli Uffici per i Vigili del Fuoco e gli alloggi per i militari.
Poco distante sorge il Mercato Ittico di Schiavonea, un moderno edificio ove si tiene da lunedì a giovedì di ogni settimana, a partire dalle 17, un asta del pescato giornaliero di cui il mercato stesso è mediatore. Il mercato è dotato di riconoscimento CE ed è gestita da una società consortile pubblico-privata denominata Meris.

La pesca

La marineria di Corigliano è la più grande della Calabria e tra le più significative dell’intero Mezzogiorno. L’economia complessiva di questo nucleo urbano trova nella pesca la maggiore fonte di reddito, che, tra i pescatori ed attività indotte, coinvolge oltre mille addetti.
La stragrande maggioranza dei pescatori esercita la piccola pesca artigianale a strascico. Storicamente, l’attività più significativa è rappresentata dalla pesca del “novellame” per consumo. A tal proposito i dati forniti dal Ministero delle Politiche Agricole confermano l’importanza della pesca del “novellame” nel litorale ionico cosentino.
La sardella, in particolare, rientra tra le cosiddette “pesche speciali”, che rappresentano attività della piccola pesca artigianale altamente selettiva, esercitata stagionalmente per sessanta giorni lungo il litorale della Sibaritide.
La sardella salata della Sibaritide è inserita nell’Elenco nazionale dei prodotti agroalimentari.
Questa attività di pesca rappresenta una significativa fonte di integrazione del reddito per molte comunità costiere calabresi, in particolare per la comunità di Schiavonea.

La Natura

Passando attraverso il territorio di Corigliano è possibile incontrare una enorme varietà di paesaggi e di vegetazione che si rincorrono, tra il mare e la preSila, in poco meno di 5 km. Da Piano di Caruso a Giustopago è possibile immergersi in boschi e sentieri suggestivi sia per la fitta vegetazione sia per i tanti animali che popolano questi luoghi: ghiri, scoiattoli, cinghiali, mentre dalle cime impervie si può ammirare il volo di un falco.
Scendendo giù, verso valle, in mezzo alla fertile Piana di Sibari attraversata dai tanti corsi d’acqua che ne disegnano una scacchiera naturale, possiamo immergerci nei ricchi “giardini” agrumeti e nei secolari uliveti che dominano le colline intorno al centro storico.

L’idrografia superficiale presenta, dunque, un reticolo denso ed articolato di fiumi e torrenti oltre che una importante rete di canali e collettori di bonifica. Il Crati, il Coscile, il S. Mauro, il Muzzolito, il Galatrella, l’Occhio di Lupo insieme al Leccalardo, il Coriglianeto, il Misofato o Muzzolito, lo Scavolino, il Salice, il Missionante, il Fosso Cannata, il Gennarito e il Cino.
Il Crati è il corso d’acqua che ha il bacino più esteso in Calabria, ben 2.440 kmq, e raggiungendo la costa, grazie anche alle acque del torrente Coscile, si allarga in una foce che è praticamente un piccolo delta, ma soprattutto un vero paradiso naturale al confine tra l’acqua e la terra.

Altro luogo suggestivo è la Riserva Naturale Regionale della Foce del Crati che segna, a Nord, il confine con Cassano allo Jonio.Questa riserva è dotata di due Centri Visitatori e si estende per 400 ha, tutelando una delle zone umide più importanti della Calabria.

In primavera e in autunno nella riserva sostano tutti gli uccelli acquatici europei durante le loro migrazioni da e per l’Africa: si possono osservare “limicoli” come le “pittime reali”, i “corrieri grossi”, i “combattenti” o le “pettegole”, ma anche anatre come le “marzaiole” o i “fischioni”, molti “aldeidi” tra cui aironi cenerini e garzette, e poi gabbiani reali e gabbiani comuni e “sterne”, come il “fraticello” e il “mignattino”. D’inverno nella riserva sostano branchi di “folaghe”, “gallinelle d’acqua”, “tuffetti” e stormi di anatre, come “germani reali”, “codoni”, “moriglioni” e “mestoloni”.

E ancora:

- la Riserva Naturale Regionale Lago di Tarsia: si estende per circa 2 chilometri. La vegetazione presente è costituita in gran parte da lecci, ontani, salici e piante tipiche della macchia mediterranea, ma l’elemento principale che si riscontra nella Riserva è dato dalla lontra, molto rara in Calabria. E’ possibile inoltre osservare i tipici uccelli da palude, come la gallinella d’acqua, il germano reale e gli aironi. La Riserva è di facile raggiungibilità lungo la statale che conduce alla omonima diga direzione Cosenza.

- la Riserva Naturale Statale Trenta Coste: situata nella Sila Greca, è caratterizzata, in gran parte, da una foresta di pino laricio. Anche se in numero ridotto, sono presenti castagni, cerri e faggi. Ha un’estensione di circa 295 ha. Per ciò che riguarda la fauna, numerosi sono gli esemplari di lupo, faina, gatto selvatico, volpe e gli uccelli (poiana, allocco, civetta, beccaccia,etc.).

Agricoltura

Il verde intenso degli ulivi delle colline che fanno da cornice al centro storico di Corigliano ed il suo comprensorio posto al baricentro della più vasta pianura della Calabria hanno sempre avuto un ruolo importante nel settore agricolo.
La sua fertilissima pianura posta tra il fiume Crati ed il Torrente Cino ha consentito nel tempo un’agricoltura non di semplice sussistenza ma di base per la sua economia e per i suoi commerci.
L’olivo è una delle piante arboree coltivate più importanti del mediterraneo. L’olivo coltivato (olea europaea), appartiene alla famiglia delle oleaceae (tribù olineae). Questa specie è suddivisa in due sottospecie: l’olea europaea oleaster (oleastro, ogliastro) e l’olea europaea sativa (olivo coltivato).
L’ulivo, come del resto la vite, cresceva spontaneamente in tutto il bacino del mediterraneo, ma la pianta selvatica e spinosa olea oleaster, ogliastro, dà frutti amari e di piccolissima taglia non commestibili; sono i coloni greci che diffondono l’ulivo nel bacino del mediterraneo occidentale; Strabone ricorda che i centri di produzione più noti sono in Magna Grecia, nella regione di Thurii e di Taranto.

Le specie di agrumi sono tutte originarie dell’India e dell’estremo oriente, regioni nelle quali la loro coltura rimonta a tempi estremamente lontani e pervennero a noi in epoche diverse. Ma è fra l’arancio e l’agricoltore di Corigliano che storicamente c’è sempre stato un amore particolare. Le prime coltivazioni iniziano nella valle dei mulini e nella valle di lecco, riparate dai rigori dei venti di tramontana e ricche d’acqua. Man mano “la valle del pendino” con i Saluzzo prima e successivamente con i Compagna ne è tuttora un esempio.

Sicuramente l’oculata scelta di alcune varietà di agrumi, l’acquisizione di nuove e più approfondite conoscenze tecniche ed agronomiche hanno fatto si che Corigliano potesse assumere un ruolo di riferimento importante fra i comuni produttori di agrumi ed in particolare i produttori di clementine.

Senza dubbio alcuno le clementine di Corigliano, per fortunate condizioni microclimatiche e geologiche sono le migliori attualmente presenti sul mercato nazionale ed estero per precocità, sapidità e produttività. Esse rappresentano, ormai, il 50% dell’intera produzione di agrumi.

La varietà più diffusa è il clementine comune, costantemente apirene (privo di semi), ad elevato contenuto zuccherino, resistente alla devertizzazione e viene utilizzato per qualificare le produzioni di altre zone agrumicole.
(Fonte : Pro Loco Corigliano Cal.)

Ipotesi di “lettura” della zona del Carmine e dintorni

Di Luigi De Luca

 

Dietro suggerimento dell'amico Mario Candido (che si sta occupando, fra l'altro, del restauro del Carmine), ho fatto una breve visita alla zona compresa fra questa nostra importante chiesa e l'ex Ospedale di S. Giovanni di Dio (oggi, falegnameria Gaiani). Nel luogo sono in corso lavori di riattamento e consolidamento dell'antica strada d'accesso al paese. Lo scavo connesso con questi lavori ha portato alla luce due vasche per acqua con resti umani (io ho visto frammenti ossei e un teschio), site sul margine sinistro della scorciatoia che scende lungo il lato dell'ospedale prospiciente il torrente Coriglianeto per sboccare poi nella statale 106. Dietro l'ex Ospedale - e a monte di esso - sono tuttora visibili i ruderi di una casa-torre (o torre di guardia), sita in posizione eminente e tale da consentire il controllo, oltre che dello scosceso pendio che scendeva al Coriglianeto sul lato ovest, anche di tutto il declivio calante, sul lato di nord-est, giù fino alla chiesa del Carmine, e quindi della antica strada che, passando davanti alla chiesa, s'inerpicava per il declivio riuscendo sul lato sinistro (per chi guarda verso Corigliano) e dell'Ospedale e della torre. Gli elementi, dunque, da tenere presenti, per un'ipotesi di "lettura" del luogo, sono i seguenti:

a)il tracciato dell'antica strada (in corso di ricostruzione);

b)la casa-torre;

c)l'ex Ospedale di S. Giovanni di Dio;

d)la scorciatoia che scende, sul lato ovest di c), alla statale;

e)le vasche per acqua, poste l’una di seguito all’altra,secondo che digrada la    scorciatoia;

f)i resti ossei.

Vediamo di formulare, per alcuni di questi elementi, l’ipotesi di una datazione e di un significato accettabili.

a)L'elemento più antico è certamente la strada d'accesso al paese che, dopo aver attraversato la contrada Pendino e scavalcato il torrente mediante un ponte sito più a est di quello attuale(ponte del Pendino), passava per il luogo ove nella seconda metà XV secolo sorgerà il Carmine,e, quindi, - come s'è detto - s'inerpicava per il declivio in cima al quale sorgerà l’Ospedale di S. Giovanni di Dio e da qui, congiungendosi con altra strada, saliva per lo scosceso versante occidentale della collina ove era il centro urbano, fino alla porta di accesso al paese (la porta Giudecca), situata ove sono adesso i ruderi della chiesa di S. Domenico, la quale restava, però, al di qua della porta, ossia fuori le mura.

b)La casa-torre è forse coeva col Carmine. Essa rispondeva a una esigenza di controllo delle vie maestre (che si congiungevano proprio presso la torre) e di una zona destinata a urbanizzarsi, il cui polo era appunto la chiesa, sorta - come s'è detto - nel corso del XV secolo (seconda metà). c)L'Ospedale di S. Giovanni di Dio fu fondato agli inizi del XVII secolo e la porta d'ingresso di esso - per quanto si può dedurre dalle strutture  murarie - era probabilmente sul lato ovest. Questa posizione della porta aiuta a capire e a interpretare il significato della scorciatoia di cui al punto d) e delle vasche (punto e).

Sappiamo che l'Ospedale, distante dalla porta d'ingresso a Corigliano "circa canne 40', era "isolato da due strade maestre"' che come abbiamo già rilevato - confluivano sul lato dell'Ospedale esposto "all'incontro" (cioè dirimpetto) del Carmine.

d)La scorciatoia, in origine, era quindi una breve stradicciola che terminava all'ingresso dell'Ospedale.

e)Le vasche per acqua sono, perciò, da considerarsi in connessione con l'Ospedale (con funzione di carattere igienico: per es., di lavatoi; o per altro uso consimile) ovvero con il "trappeto" che v'era prima della pia fondazione" e vi sarà dopo (in tal caso, con funzione di spurgo); in ogni modo, non mi pare che le vasche in parola siano da interpretare come abbeveratoi.

f)I resti ossei potrebbero rivelarsi una preziosa fonte di informazione, ove fossero sottoposti a studi ed esami specialistici (sia come ritrovamenti fossili sia come reperti medici). Non è da escludere l'ipotesi, avanzata da qualcuno, che l'Ospedale sia nato come lazzaretto. Queste note, uscite per così dire "a botta calda", hanno bisogno di essere rivedute e integrate. Le conclusioni che se ne possono trarre sono, perciò, del tutto provvisorie. L'argomento merita di essere riconsiderato con maggiore attenzione e ponderatezza.

(Il Serratore 41/1996) 

Video sulla mia Città: Corigliano Calabro

Un video di Giuseppe Aiello

Stefano Scigliano racconta

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