'U Pizzillo

di Carlo Caruso

Gli amici del "Pizzillo"

I ricordi sono amici volubili, che si avvicinano e si allontano indipendentemente dalle nostre necessità. Ripensando alla mia infanzia, su invito di un vecchio compagno di scuola, che mi ha chiesto di parlare del mio "vicinanzo" di tanti anni fa (Il "Pizzillo"), la mente fatica a trovare punti di riferimenti certi e storie che abbiano un senso compiuto: immagini, nomi e suoni provenienti dal passato riemergono - o tentano di farlo - in modo confuso ed atemporale, come nei sogni! Il "Pizzillo" è lo spazio antistante il caseggiato che al terzo piano conteneva l'appartamento dove ha abitato fino alla fine degli anni sessanta la mia famiglia d'origine: dà sulla strada Nazionale, proprio in prossimità della Villa Margherita; un muretto allora ne costituiva il limite dal lato che costeggiava la strada principale del paese, asfaltata negli anni cinquanta. L'ingresso di casa mia era su via Aquilino (in'tru vallùni vero e proprio), all'inizio di una delle più ripide strade del Centro Storico, che porta poi ai Gradoni e - ancora più su - a via dei 500. Altre strade - in prossimità di questi luoghi - portano "a'ru chijatti" ed a via Montello, in un intrico di viuzze senza fine e senza tempo. Noi ragazzini riempivamo di voci e di giochi quegli spazi, mescolandoci alle attività dei grandi, che tolleravano i nostri schiamazzi, tranne poi richiamarci all'ordine se osavamo oltrepassare certi limiti. Rivestivano una sacralità estrema - per esempio - gli orari dei pasti, all'approssimarsi dei quali (di solito coincidenti con il rientro dei capi famiglia dal lavoro) dalle finestre e dai balconi era un susseguirsi di nomi urlati a squarciagola, che ci intimavano di rientrare nelle rispettive case: si deponevano mazze e trugghij, carri e carruoccili, palloni e stacce e si rientrava il più velocemente possibile, per evitare (spesso senza riuscirci) scappellotti e sgridate. Immancabili presenze, con le quali dovevamo condividere i nostri spazi, erano gli animali da cortile, che molti allevavano davanti all'uscio di casa (lastrachielli) e che spesso - insieme a bestie di stazza anche molto più grande - si portavano, alla fine della giornata, in stanze attigue a quelle in cui si viveva normalmente. Questi ricordi sono comuni a quelli di tanti miei coetanei e ripercorrono esperienze vissute in tutti i vicinanzi di allora, insieme alle battaglie tra bande di ragazzi ed a momenti di socialità, come i pagghjieri (falò) di primavera e le quadriglie di Carnevale. Ma ci fu un periodo, verso la fine degli anni cinquanta e l'inizio degli anni sessanta, che i "ragazzi del Pizzillo" si distinsero per una iniziativa che coinvolse parecchie persone in età adolescenziale, suscitando in interesse ed un entusiasmo, che si propagò anche agli allora irreprensibili adulti: si organizzò (in una vecchia stalla, che fu da noi ripulita accuratamente, dopo che il padre di un nostro amico aveva venduto cavallo e carrozzino per una fiammante utilitaria) uno spettacolo allora in voga alla TV, che consisteva nell'accennare, da parte di un cantante, il motivo di una canzone, che due concorrenti erano poi tenuti ad indovinare, correndo verso una campanella appesa ad un filo, dando la risposta dopo averne provocato il rintocco. Il tutto si svolgeva nel tardo pomeriggio delle sere d'inizio estate, appena prese le vacanze scolastiche. Il pubblico affluiva numeroso. La mangiatoia fungeva da palco, dove si mettevano il presentatore ed il cantante, che conducevano la gara, l'uno predisponendo le regole ed i punteggi, l'altro esibendosi in qualche strofa dei successi d'allora, badando a non suggerirne il titolo. Tutto procedeva a regola d'arte: c'erano le eliminatorie e la finale fra i ragazzi più ferrati in canzonette in voga. Alla fine per il vincitore, al quale veniva fatta indossare una fascia opportunamente predisposta con tanto di scritta a caratteri cubitali del titolo del programma, era un vero trionfo. Durante lo spettacolo alcuni di noi si esibivano in perfomance canore, spesso con testi inediti scritti da improvvisati cantautori. Ancora oggi, incontrandoci a distanza di più di mezzo secolo con amici di quegli "anni ruggenti", si ricordano quei momenti di spensieratezza e di divertimento con poveri mezzi, ma con tanta ed ingegnosa fantasia. Qualche tempo fa venne a trovarmi uno di quei ragazzi (adesso professionista in pensione e nonno di una nidiata di nipotini), che non vedevo da qualche decennio: ricordando la nostra vecchia ed intensa amicizia, lo invitai a seguirmi in un ripostiglio posto nel sottoscala del fabbricato, dove aprii una vecchia valigia e, con sua grande sorpresa, tirai una vecchia fascia di un blu ormai sbiadito, con le lettere dorate ancora integre a comporre la parola "Il Musichiere"! Eravamo in penombra, ma i suoi occhi luccicarono come se fossero bagnate di lacrime di nostalgia...