'U Fuossi
di Antonio Siinardi

Il quartiere del fosso (u fuossi) iniziava laddove il corso principale, a salire dalla piazzetta Acquanuova, si biforca : un ramo procede verso la chiesa delle Monachelle e verso la chiesa della
Riforma, l’altro ramo a sinistra procede verso il Castello. Il quartiere è delimitato in basso dalle case Spezzano ed in alto da casa Cimino (notai). Ricordo con piacere due botteghe che erano
nei pressi della confluenza dei due rami : sulla sinistra il bugigattolo dove operava l’orologiaio Maradea e, sulla destra, il saloncino dove operava il barbiere <Tre scaluni>. Il ricordo
mi è vivo per il semplice motivo che spesso mio fratello Eugenio, appassionato dei congegni degli orologi e curioso dei meccanismi che li animano, spesso e volentieri mi portava con lui presso
l’orologiaio che mi appariva come un demiurgo od un mago : seduto alla seggiola, con la lentina d’ingrandimento fissata ad un occhio … e prono sul tavolo operativo ad esaminare le varie rotelline
dell’occasionale orologio da riparare. Io non vedevo il suo volto … vedevo solo il suo capo ricoperto da una montagnola di capelli neri … Il barbiere invece, sempre ilare, sempre pronto alla
battuta con i suoi clienti, lo ricordo per i calendarietti profumati che era solito distribuire, in occasione delle feste natalizie, ai suoi clienti più affezionati. Che non aspettavano altro che
il suo regalino cartaceo … su cui erano stampate le immagini sexi delle attrici più belle del tempo. Il barbiere, in seguito, aveva chiuso bottega e si era trasferito in Liguria per svolgere il
suo compito di collaboratore scolastico. In questo primo tratto di strada operavano due valenti maestri di sartoria : Spezzano (padre e figlio Ernesto) il cui laboratorio non era solo scuola di
sartorialità ma anche di formazione civica per i numerosi giovinetti che frequentavano il laboratorio al fine di apprendere l’arte. Anch’io spesso in occasione del Natale andavo in quel
laboratorio perché mi venisse confezionato, su ordinazione dei miei genitori, l’abituccio per le feste e per cui bisognava prendere le misure anatomiche. Il laboratorio era ubicato
all’inizio della diramazione per via Regina Elena; e di fronte alla sartoria Spezzano operava invece la falegnameria dei fratelli Nicolini : bravissimi artigiani. Un altro falegname - mastro
Totonno Manigrasso – operava nel magazzino sottostante la casa Marzullo-Pasqua. Mastro Totonno creava mobili per le nuove spose con estro mirabile. Io che abitavo al 3° piano del caseggiato
sentivo spesso non solo il rumore dei macchinari della falegnameria ma anche il profumo di colla che il ragazzo di bottega andava a sciogliere ad un fuocherello acceso presso il muretto. A
proposito, ricordo che negli anni del dopoguerra non era stato costruito ancora quel catafalco di cemento destinato ad ospitare l’azienda telefonica (ora adibito a circolo della terza età) ma
c’era un muretto che delimitava la strada principale da un’area sottostante ch’era uno spiazzo o fossato (donde il nome, penso) dove di notte riposavano i traini degli agricoltori che abitavano
nei vicoli vicini! Nella curva a gomito che immetteva nel secondo tratto della strada, c’era la sartoria di mastro Totonno Romio : gran bella persona anche lui e bravo sarto … la sartoria, in
tempi successivi, diventò anche lavanderia … dal momento che i coriglianesi cominciarono a comprare gli abiti belli e pronti che si trovavano nei mercati e nei negozi d’abbigliamento che
cominciavano a sorgere. I caseggiati, che accompagnavano il nastro di strada che procedeva in salita e sfociava poi verso il Castello, erano case piene di vitalità e d’allegria; le persone si
affacciavano ai balconi e scambiavano alcune chiacchiere con le comari dirimpettaie … mentre qualche radio che esisteva in qualche famiglia trasmetteva, ad alto volume, le canzoni
napoletane del tempo … e le note musicali si diffondevano nell’aria diffondendo serenità ed allegria! Nei primi caseggiati, dopo la curva, ho abitato io : al civico n. 37 ed in quelli precedenti
abitavano le famiglie Pasqua-Marzullo, e quella dei Casciaro : provetti agricoltori. Dirimpettaia era la famiglia Paura e poi la famiglia Anacoreta, la famiglia Palermo e via via tante altre che
è impossibile ricordarle tutte … Diciamo che tutte le famiglie costituivano una grande ed unica famiglia: nel senso che si condividevano sempre le gioie ed anche i dolori. Una fontana d’acqua
zampillante rallegrava questo secondo tratto di strada … ed era conficcata nel muro che separa, nel tratto iniziale, la strada dagli opposti caseggiati. La fontana era sempre affollata,
poiché non tutte le famiglie avevano in casa un canale … e perciò andavano a raccogliere l’acqua pubblica … portando ciarre vùmmule e orciuoli vari. Le donne avevano sempre fretta … ed ognuno
accampava ragioni e … qualche volta scoppiava anche qualche bonaria rissa … Anche questo tratto di strada era pieno di botteghe artigiane di sarti : io ricordo, in particolare, mastro Francesco
Vulcano presso il quale si serviva mio fratello Eugenio, poi il sarto Festivo Candia che aveva bottega dove la strada terminava e, di fronte alla sua bottega, c’era il negozio di tessuti
del sig. Trotta. Sotto casa Misasi, operava un’altra falegnameria, di cui però non ricordo i titolari (?) Ricordo però gli allegri rumori che le diverse falegnamerie conferivano alla vivacità
della strada!
Ma non erano solo le botteghe dei falegnami ad alimentare il frastuono che si diffondeva nell’aria o le chiacchiere delle comari o delle popolane che attingevano l’acqua alla fontana pubblica … perché anche noi ragazzi, con i nostri giochi, aggiungevamo fracasso a frastuono. Ma noi ci sbrigliavamo sulla strada nelle ore del pomeriggio o della sera. Giovannino Malavolta, che poi emigrò in America con la sua famiglia, e che abitava di fronte alla vecchia Pretura, faceva parte della nostra combriccola … formata anche da Nanduccio, Nesto, Armando, Felice, ed altri ragazzetti della strada e dei vicoli interni. A Giovannino piaceva far rullare un cerchio di bicicletta sulla strada di pietra … e faceva fare al cerchio curve spericolate … degne d’un Valentino Rossi di oggi. Ma ciascuno di noi ragazzi aveva un cerchio di bicicletta che facevamo rullare ora in salita ora in discesa della strada e spesso andavamo a sbattere contro ostacoli non visti … procurandoci vistose ammaccature. E peggio ci capitava quando salivamo sul carrettino con 4 ruote sulla strada in discesa e dovevamo frenare … affidandoci ai nostri piedi ed alle nostre scarpe, che a furia di strisciare sulla superficie della strada … andavano presto alla malora con grave disperazione dei nostri genitori ! Con Nanduccio facevamo arrabbiare il caro barbiere mastro Abbossida … quando lasciava incustodita la sua bottega allorché si recava in piazza del popolo per comprare qualcosa per la sua frugale cena della serata. Approfittavamo della sua breve assenza … per gettare sul pavimento qualche arnese del suo mestiere. E quando il barbiere tornava, bel bello dalla sua passeggiatina, a vedere quello che avevamo combinato noi ragazzacci del rione … andava su tutte le furie ed imprecava ad alta voce tanto da scuotere il vicinato e minacciando rappresaglie da parte dei nostri genitori !... Ma poi si calmava la sua persona di burbero e cedeva il passo alla figura d’un quasi nonno … che capiva anche le ragioni dei nostri gesti e dei nostri giochi. Mastro Abbossida del resto era il barbiere di noi tutti … e di me in particolare. Ricordo che quando andavo a tagliarmi i capelli … per me era un carico di sofferenza non perché non mi facesse un bel taglio all’Umberto … ma perché mi annoiava col suo solito racconto della guerra d’Africa, alla quale aveva partecipato. Per me era davvero una tortura. Si giocava poi al altri giochi con i compagni del vicinato : al pallone ( che spesso era una palla di pezza …) alla campana, alla mazza e pizzo, a pietra 31. Oggi che siamo adulti … ricordiamo ancora, con un pizzico di nostalgia, le modalità di questi giochi, umili ma produttrici di vero svago, di esercizio fisico, di socievolezza e di formazione. Contrariamente a quello che avviene oggi per i nostri ragazzi. Voglio ricordare solo il gioco con la mazza ed il pizzo. Qualche volta il pizzo scagliato dalla mazza andava a scassare i vetri di qualche comare. Erano le uniche volte che si metteva a repentaglio la pace sociale del nostro vicinato !!! Ma poi tutto tornava nella normalità …