I Pignatari

di Rosa Frustaci

Là dove si facevano i "tarzaruli" di creta e si festeggiava la Madonna dei "jardineri"

"I Pignatari" luogo della memoria: della mia infanzia e anche della mia adolescenza. Avevo quattro anni quando andammo ad abitare in quel rione ed è li che ho vissuto per 15 anni. Questo rione era ed è all'inizio del paese, chiamato così per i maestri "argillari" che avevano in quel quartiere i loro laboratori dove modellavano la creta con talento e maestria e dalla loro abilità venivano fuori anfore, vasi, piatti, orciuoli dove tenere l'acqua al fresco, i cosiddetti "tarzaruli" dove conservare le provviste, le campanelle che suonavamo alla festa del Carmine al passaggio della Madonna e anche altre cose che ora non si vedono più, perché i "pignatari" sono scomparsi da quel posto, e, nessuno ha continuato questa attività. All'inizio del paese, sotto la scritta "Corigliano", c'era un frantoio, adesso più moderno, appena dopo, mastro Ciccio il calzolaio con sua moglie Elvira, la nostra balia, che noi chiamavamo "mammazia" e poi mastro Costantino il maniscalco che batteva il ferro incessantemente, quasi a scandire il tempo che non passava mai; ancora un negozio di alimentari, un altro di motociclette e poi mastro Raffaele parcheggiatore ed anche aggiustatore di biciclette che gli operai, la sera, al ritorno dal lavoro, lasciavano per riprendere al mattino. Ma la cosa più esaltante era che mastro Raffaele possedeva il primo televisore dell'intero quartiere per cui tutti noi bambini più i suoi cinque figli eravamo sempre a casa sua, incantati da quell'oggetto magico e dai meravigliosi "Torna a casa Lassy", "Rin-Tìn-Tin", "Furia cavallo del West". Durante la Fiera del Levante di Bari venivano messi in programmazione mattutina, il che era una rarità, ogni giorno dei film e siccome a settembre la scuola era ancora chiusa ovviamente non ne perdevamo uno. Poi, un po' più grandi, la sera seguivamo in religioso silenzio gli "sceneggiati", come "Canne al vento", "Cime tempestose", ecc. Aspettavamo con ansia quei momenti come un premio alle nostre fatiche scolastiche, sempre accolti con affetto e disponibilità. Mastro Raffaele ci aveva fatto gli sgabellini per prendere posto indisturbati e per giunta la padrona di casa ci offriva anche la merenda!... una pacchia!!! Comodi e serviti per vedere la TV. Quando c'era il Festival di Sanremo o Canzonissima o altri spettacoli del sabato sera eravamo tutti prenotati. Durante l'estate, invece, ricordo la loro finestra aperta a piano strada con le persiane spalancate. Gli operai di ritorno dal lavoro vi sostavano con le loro maglie ruvide e impregnate di sudore, le braccia

stanche per aver portato in salita la pesante bicicletta da uomo: si soffermavano davanti a quella finestra per sentire Claudio Villa e tutto ciò che veniva fuori da quell'oggetto ancora misterioso. Mi colpiva, sul loro volto rugoso e stanco, un sorriso rilassato, come se ricevessero un piccolo premio dopo le dure fatiche della giornata. C'era poi anche mastro Pietro, anche lui "aggiustatore" di biciclette, al quale io rubai una piccola bici che desideravo tanto e non potevo avere (avevo appena sei anni) per la pericolosità di quella strada. Lascio immaginare la preoccupazione e l'agitazione di mastro Pietro, dato che la bici non era sua, ma da riparare. Mia madre la trovò nascosta in un ripostiglio di casa nostra dopo che confessai di averla portata su, per una lunga scala, con il più grande candore di questo mondo, perché mi piaceva e mi serviva. Di fronte ai nostri balconi, una lunga gradinata portava in Via S.  Martino, circondata da un grappolo di case, dove c'era una fontanella da cui le donne del luogo attingevano l'acqua e spesso era teatro di forti litigate con conseguente rottura di "vummule e ciarre". Queste "scerre" finivano per trasformarsi in uno spettacolo che nessuno voleva perdersi: cominciavano per una mancata precedenza nel raccogliere l'acqua e subito si passava ad un turpiloquio coloratissimo, spesso accompagnato da qualche tirata di capelli. Tuffandomi nel passato, ritorna un'immagine ormai passata di moda: la ritualità che c'era quando si ufficializzava un fidanzamento ovvero "si dava parola" e qui, puntualmente, era mia sorella Marida, con il vestito della festa cucito da mastra Carmeluccia, che portava la "gistella" con l'oro e consegnava alla sposa il prezioso contenuto. Sotto casa nostra c'erano i "bassi", costruzioni a piano terra abitate dalle "lucciole" del tempo. Noi ragazze dovevamo ignorare un certo traffico e non ci era consentito chiedere notizie su quegli insoliti movimenti, né tanto meno potevamo affacciarci al balcone quando arrivavano musiche e canzoni ad alto volume o quando tra di loro avvenivano forti litigate. Questi erano "i pignatari" degli anni '50. Più in basso c'era la chiesa del Carmine a cui erano devoti i "jardineri" e il 16 luglio, quando si celebrava la festa, era un pullulare di gente venuta a piedi da ogni dove per seguire la processione con donne e bambine vestite, per voto, con l'abito della Madonna. Ai balconi venivano esposte le più belle coperte e alle ringhiere erano attaccate campanelle di creta che suonavano a tutto spiano per accompagnare la statua fino in chiesa. Era un po' anche la nostra festa, ci accontentavamo di poco allora! Un'altra cosa mi è rimasta impressa: i ragazzi apprendisti meccanici che, in quelle torride giornate estive, chiedevano il ghiaccio e l'acqua fresca a chi aveva acquistato i primi frigoriferi. E poi, ancora, il ritorno dal lavoro degli operai e le mogli che li aspettavano all'imbocco della strada che porta a San Giovanni per aiutarli a portare a casa le biciclette che non entravano nel deposito di mastro Raffaele. Tutte queste cose e queste persone ora non ci sono più. Questa era la Corigliano di allora, ora il tempo corre velocemente, ma forse quella calma, quel ritmo lento che il tempo scandiva aveva un senso. C'era il tempo per pensare, per osservare, per meditare, per avere rapporti di vera amicizia e di rispetto con il vicinato, per sentirsi sempre in compagnia e per avere quella solidarietà che non era invadenza, ma partecipazione e mutuo soccorso. Ora le cose sono cambiate e cambiano sempre più velocemente. I rapporti umani sono limitati a una telefonata, se capita, perché non c'è tempo; è una corsa continua per arrivare chissà dove. Certo i costumi si evolvono, le abitudini si trasformano, il linguaggio verbale viene sostituito dalla tecnologia, i rapporti umani vengono limitati a freddi formalismi - questione sempre di tempo! Prende un po' la nostalgia per quel che non c'è più, ma lo scorrere inesorabile del tempo ci da la misura che ciò che è stato non potrà ripetersi più. Allora bisogna solo, forse, stare al passo con i tempi, se non si vuole restare aggrappati ai ricordi e a quelle emozioni passate che spesso procurano solo tanta nostalgia.
(Fonte : Il Serratore di E. Viteritti)